martedì 11 gennaio 2011

La Sapienza


Letture:
  • Siracide 24,1-4.8-12;
  • Efesini 1,3-6.15-18;
  • Giovanni 1,1-18;

La prima lettura, tratta dal libro del Siracide, ci presenta un bellissimo discorso fatto dalla sapienza di Dio, che viene presentata come una persona. Ma cosa è la sapienza? E soprattutto cosa significa essere sapienti? La sapienza non è l’erudizione o la cultura, ma la capacità di trovare il giusto modo di vivere, che mette la persona in armonia con la realtà e la fa essere una persona riuscita e felice. La parola “sapienza”, che deriva dal latino, ha la stessa radice della parola “sapore”. La sapienza quindi ha a che fare non con le cose da conoscere, ma con la capacità di assaporare e gustare la vita. Uno scrittore e filosofo americano dell’800, Henry David Thoreau, scrive: “Andai nei boschi per vivere con saggezza (con sapienza), vivere con profondità e succhiare tutto il midollo della vita, per sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto”. (film L’attimo fuggente)
Se vivere sapientemente è gustare la vita, è vivere in armonia con la realtà, trovare il giusto modo di vivere, voi capite che non ci troviamo di fronte ad una delle tante questioni, ma alla questione fondamentale della nostra vita. Cosa significa vivere sapientemente per un giovane che ha ancora tutta la vita davanti? Cosa significa vivere sapientemente per un anziano che tribola quotidianamente nella malattia e nella sofferenza?
Vediamo se e come queste letture ci possono venire in aiuto.
Nella prima lettura la sapienza ci viene presentata come qualcosa che esce dalla bocca di Dio e riempie tutta la terra: “Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e come una nube ho ricoperto la terra….Ho percorso da sola il giro del cielo, ho passeggiato nelle profondità degli abissi…” (Sir 24,3.5). La sapienza è presentata come un ordine, una armonia che Dio ha posto nella realtà, in tutte le cose. Cioè se guardiamo la realtà in profondità, dovremmo scorgere l’azione, la presenza e la sapienza di Dio. Nel sorriso di un bambino come nella sofferenza di un malato, nella gioia di una nascita come nel buio della morte, Dio ha lasciato la sua impronta dentro la realtà e ci chiama a scoprirla, a cercarla. Questo ci dice già alcune cose importanti su come vivere sapientemente: la verità delle cose, le risposte alle domande più profonde non ce le fabbrichiamo noi, ma le dobbiamo cercare… e le possiamo trovare! Come un filo rosso che attraversa tutta la realtà: in ciò che ci accade, nelle persone che incontriamo, nelle situazioni più inattese, Dio ha inscritto il senso della nostra esistenza, il suo progetto sulla nostra vita. Non è una cosa facile da scoprire: occorre uno sguardo buono, richiede un cammino lungo e faticoso. Per questo occorre anche tanta umiltà: proprio quando pensiamo di aver compreso tutto, ci accorgiamo che abbiamo ancora tanta strada da fare. E’ proprio vero: il sapiente è colui che sa di non sapere!
Ma queste letture ci danno un altro suggerimento. Ci danno l’idea che questa sapienza di Dio non solo è dentro le cose ed è da ricercare con tutte le nostre forze; essa stessa ci viene incontro. La sapienza che esce dalla bocca di Dio viene verso di noi. Sempre la prima lettura ci dice che la sapienza ha piantato la tenda e ha posto le sue radici in mezzo ad un popolo glorioso, il popolo di Israele (Sir 24,8.12). Questa sapienza prima è stata donata in modo particolare nelle Scritture, un dono di Dio al suo popolo; e, quando venne la pienezza dei tempi, questa sapienza, questa Parola, questo Verbo si è fatto carne ed è venuta ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14). Gesù è la sapienza di Dio che va incontro e si svela all’uomo, all’uomo che cerca una strada e una luce.
Gesù è la strada per ogni uomo, per ogni giovane che si mette in cammino: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Gesù, crocifisso e risorto, è la sapienza che dona un senso alla nostra sofferenza e la fiducia che l’amore ha vinto la morte.
Allora, a chiunque cerchi la sapienza, noi rispondiamo: la fede in Cristo è la vera sapienza. Già, perché credere non significa solamente obbedire a dei precetti morali, anche se buoni e giusti; credere non significa neppure solo cercare le risposte a delle domande, anche le più profonde; credere è anzitutto lasciare che il Signore si impadronisca della tua vita, come un marinaio che prende il timone di una nave e la conduce al largo, là dove non avresti immaginato. Credere è un’avventura che vale la pena di vivere. Perché? Per assaporare la vita.
don Alessando Franzoni

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