domenica 28 febbraio 2010

La TRASFIGURAZIONE per Pietro

“Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Pietro e i suoi compagni videro la sua gloria. Dalla nube uscì una voce, che diceva: Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!” Lc 9, 29.32.35
In primo luogo dobbiamo chiederci cos’è la trasfigurazione. Il termine traduce il greco “metamorphosis”, che vuol dire cambiamento di forma, di figura.
Nasce, però, subito una domanda: Gesù sul monte cambiò forma?
Se fosse stato così gli apostoli non l’avrebbero riconosciuto!
Ne deduciamo che l’aspetto esterno di Gesù non fu cambiato.
Gli apostoli lo videro però in una LUCE nuova! Qual è questa luce?
È la luce della fede in Cristo! Cioè?
In quel momento è così chiaro che Gesù è l’eletto da Dio, il Figlio di Dio, che tutto il mondo viene cristificato: la realtà assume senso solo perché Cristo è venuto in terra e ti mostra che anche tu sei chiamato a trasfigurarti. Come?
Affidando la tua vita al Padre, cedendo a Lui le redini!
Solo in questo modo saprai vedere con gli occhi dell’Amore… e anche le croci diventeranno un luogo in cui scorgere Dio, perché ti fidi di Lui!
E Pietro, quando vive questo momento?
Non sul monte, perché l’evangelista ci dice: “Essi tacquero”. Lc 9,36
Pietro, allora, non è pronto! Pronto per cosa? E quando lo sarà?
Ecco, forse, è pronto durante l’arresto di Gesù, quando per difenderlo taglia l’orecchio al servo del sommo sacerdote.
No! Perché Gesù lo rimprovera: “Rimetti la spada nel fodero”. Gv 18,11
Chissà quale confusione interiore avrà avuto Pietro!
Lui, che era stato sempre con Gesù, non era pronto ad aiutarlo, a seguirlo…. Perché?
Perché si fidava ancora troppo di se stesso, delle sue capacità… credeva che Gesù l’avesse scelto per il suo coraggio!
E invece chi è Pietro?
È un pauroso, un vigliacco, che nega di conoscere Gesù anche davanti ad una portinaia, come ci narra l’evangelista Giovanni al capitolo diciottesimo.
Come Pietro, ti lasci incastrare anche da una donna?
“Pietro avrà mai dimenticato quel volto di donna che gli puntava addosso gli occhi e lo faceva capitolare con una sola domanda?” 1
Pietro nega tre volte e poi il gallo canta.
“Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte”. Lc 22,61
In quello sguardo Pietro scopre la verità su di sé: è un vigliacco!
Sì, ma un vigliacco amato… perché quello sguardo è denso d’Amore!
Solo ora che si è riconosciuto un povero FALLITO può contraccambiare l’amore di Gesù. E nelle apparizioni dopo la Resurrezione Gesù glielo chiederà: “Simone, mi ami?” Gv 21,16
Ecco la TRASFIGURAZIONE di Pietro!
Avviene nel suo rinnegamento; solo quando capisce che è un miserabile traditore, è in grado di vedere sé ed il mondo nella sua verità: l’unico senso è Cristo! L’unico ad amarmi nonostante la mia indegnità!
Per questo “pianse amaramente” Lc 22,62 la sua miseria.
E grazie a questo divenne la PIETRA su cui si fonda la Chiesa.
E tu, vuoi smettere di farti illusioni su di te?
Vuoi smettere di difenderti?
Vuoi smettere di nascondere le tue debolezze?
Se non vuoi smettere esploderai per la tua superbia!
Se vuoi smettere, BENVENUTO figlio di Dio, ricevi l’Amore del Padre preparato per te dai secoli eterni!
Buona trasfigurazione, Elisa Ordo Virginum

1: E. Bosetti, “Donne della Bibbia”, Cittadella editrice, Assisi, 2009, pag. 149.


sabato 20 febbraio 2010

LA TENTAZIONE DI GESU’ COME SUPREMA CONSACRAZIONE

“Gesù pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo
Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo”. Lc 4,1-2


Gesù è nel deserto …. per noi!
Sì, perché è lì per vincere il diavolo a nostro favore.
Lui è l’unico in grado di non restare impigliato nelle reti del maligno, che a noi poveri peccatori spesso si presentano come bene.

Gesù non è solo!
L’evangelista Luca in un versetto, per ben due volte, nomina lo Spirito Santo: “pieno di Spirito Santo”, “guidato dallo Spirito”. Lc 4,1
Lo Spirito permette a Gesù la piena fedeltà al Padre.
Ecco, allora, che lì nel deserto Gesù si consacra al Padre.
CONSACRA: rimane fedele ed obbedisce!!!
Obbedisce anche nella suprema prova: la CROCE, compiendo in quel momento la SUPREMA CONSACRAZIONE di sé al Padre, ma per noi!
Tu a chi obbedisci?
Alla voce dello Spirito Santo o alla voce del demonio? Non ci sono alternative!
Prima della morte in croce, la suprema consacrazione di Gesù è annunciata da una donna.
È annunciata con un gesto: Gesù è cosparso di profumo prezioso, di puro nardo.
Tutti i Vangeli narrano questo episodio, anche se con alcune varianti:
  • In Matteo e Marco Cristo viene unto sul capo; proprio così viene consacrato il re Davide. Dunque Gesù è RE, e non si conosce la donna che compie tal gesto;
  • In Luca e Giovanni gli vengono unti i piedi, in Luca da una peccatrice conosciuta e in Giovanni da Maria di Betania, la sorella di Lazzaro. [1]
Ma a noi interessa un fatto comune a tutti gli evangelisti: questa donna è PAZZA! Pazza?
Sì! Pazza d’Amore per Gesù!
Hai capito bene: d’Amore, non di bene, non di stima, ma d’Amore!
Quel NARDO valeva 300 denari: quasi il salario annuale di un bracciante.
E tu vuoi spenderti per Gesù? Decidi ORA!
E dopo aver unto i piedi li asciuga coi capelli. I piedi all’epoca erano molto sporchi, non c’erano le scarpe a ripararli… e lei li asciuga coi capelli.
E’ PAZZA! Non ci sono altre motivazioni!
Caro amico, cara amica… tu cosa sei disposto a fare per Dio?
AMARE è fare PAZZIE! Non passi misurati, devi giocarti.
Attento però, deve essere lo Spirito Santo a guidarti… perché parlo di pazzie d’AMORE VERO e PURO, non disordinate da bassi istinti!
Il potere di questa donna è la FOLLIA dell’Amore.
Il potere di questa donna è la SAGGEZZA dell’Amore.
Sì, perché parliamo di follia agli occhi degli uomini, ma di Sapienza agli occhi di Dio.
Gesù è PAZZO d’Amore per te! E’ morto in croce per te!
E lo ha scelto, poteva salvarsi se lo voleva!
Nella sua suprema tentazione, la croce, si è giocato tutto per te!
E qual è la nostra suprema tentazione? La DISPERAZIONE!
Quella che ci fa dubitare di poter essere, dentro al nostro schifo, ancora perdonati ed amati dal Signore!
Invece Gesù è pazzo d’Amore per te, SEMPRE!
E’ morto per te mentre eri ancora nel peccato!
Fai riecheggiare nel tuo cuore, nella tua mente queste parole:
“Tu sei l’Amato”! Tu, proprio tu: Marco, Giuseppe, Alfredo, Giovanni, Daniele…..
“Tu sei l’Amata”! Tu, proprio tu: Barbara, Elena, Silvia, Marica, Laura….

Avanti con fiducia, Amato da Dio
Avanti con speranza, Amata da Dio!

Elisa Ordo Virginum

[1] Per approfondimenti: Elena Bosetti, “Donne della Bibbia”, ed. Cittadella, Assisi, Maggio 2009.

martedì 16 febbraio 2010

Ritornate a me con tutto il cuore


“ … Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti.
Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio,
perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore,
pronto a ravvedersi riguardo al male”.
Gioele 2,12-13

Fratello e sorella, non farti ingannare, la Quaresima non è il tempo di piccoli digiuni e sacrifici che quietano la tua coscienza… è il TEMPO PROPIZIO,
il TEMPO FAVOREVOLE! Per cosa?!?
Per la tua SALVEZZA, non solo eterna, ma QUI ed ORA c’è una GIOIA PIENA che è per te!!!
Il Santo Padre, nel Messaggio per la Quaresima 2010, c’invita a riflettere su una parola: GIUSTIZIA. Cos’è?
Nel linguaggio giuridico è: “dare a ciascuno il suo”.
Il “suo”: il lavoro, il pane, la casa…
E poi? Poi spunta la GIOIA! Nulla di più FALSO!
Quanti uomini e donne hanno tutto questo eppure quel “suo” non ha raggiunto la pienezza!
Per farci capire, allora, il Papa si chiede da dove viene l’ INGIUSTIZIA.
Tutti pensiamo che essa venga da fattori esterni che vanno rimossi, ma questo è un GRAVE ERRORE!
L’ingiustizia viene dal CUORE, dal lasciarvi insinuare quanto lo deforma, ed è lì che occorre combattere la propria battaglia, proprio come ci ricorda l’Apostolo Paolo nella lettera agli Efesini: “La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze.” Ef 6,12
Tu che Principati e che Potenze hai lasciato entrare nel tuo cuore?
Quali forme di schiavitù? Attento a non sbagliare BATTAGLIA!
Devi combattere il male che è entrato nel tuo cuore, non sciupare le forze per altre lotte!!! Ma non riuscirai mai da solo a vincere questa battaglia.
Il tuo cuore potrà cambiare solo se accetterai la GIUSTIZIA di CRISTO. Qual è?
Il Santo Padre ce lo ricorda, è la GIUSTIFICAZIONE che viene dalla morte in croce di Gesù:
Lui, il GIUSTO, che muore per me e per te ingiusto;
Lui, il BENEDETTO da Dio, che prende su di sé la MALEDIZIONE mia e tua!
La giustizia è rimettere la nostra vita nelle mani di Dio.
Non siamo AUTOSUFFICIENTI, abbiamo bisogno di Qualcuno che ci LIBERI, che ci CAMBI il CUORE! E allora?
E allora GRIDA al Signore con tutte le TUE FORZE,
GRIDA al Signore perché ti liberi,
GRIDA anche se il tuo peccato è rosso come il sangue,
GRIDA perché tu vali il SANGUE di CRISTO!!!

Coraggio fratello, coraggio sorella… ecco il MOMENTO FAVOREVOLE, ecco il MOMENTO PROPIZIO

Buona strada,
Elisa Ordo Virginum

giovedì 11 febbraio 2010

La Chiesa curi i malati nel corpo e nello spirito

Omelia XVIII Giornata mondiale del malato

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’episcopato,
cari fratelli e sorelle!

I Vangeli, nelle sintetiche descrizioni della breve ma intensa vita pubblica di Gesù, attestano che egli annuncia la Parola e opera guarigioni di malati, segno per eccellenza della vicinanza del Regno di Dio. Ad esempio, Matteo scrive: "Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo" (Mt 4,23; cfr 9,35). La Chiesa, cui è affidato il compito di prolungare nello spazio e nel tempo la missione di Cristo, non può disattendere queste due opere essenziali: evangelizzazione e cura dei malati nel corpo e nello spirito. Dio, infatti, vuole guarire tutto l’uomo e nel Vangelo la guarigione del corpo è segno del risanamento più profondo che è la remissione dei peccati (cfr Mc 2,1-12). Non meraviglia, dunque, che Maria, madre e modello della Chiesa, sia invocata e venerata come "Salus infirmorum", "Salute dei malati". Quale prima e perfetta discepola del suo Figlio, Ella ha sempre mostrato, nell’accompagnare il cammino della Chiesa, una speciale sollecitudine per i sofferenti. Ne danno testimonianza le migliaia di persone che si recano nei santuari mariani per invocare la Madre di Cristo e trovano in lei forza e sollievo. Il racconto evangelico della Visitazione (cfr Lc 1,39-56) ci mostra come la Vergine, dopo l’annuncio dell’Angelo, non tenne per sé il dono ricevuto, ma partì subito per andare ad aiutare l’anziana cugina Elisabetta, che da sei mesi portava in grembo Giovanni. Nel sostegno offerto da Maria a questa parente che vive, in età avanzata, una situazione delicata come la gravidanza, vediamo prefigurata tutta l’azione della Chiesa a sostegno della vita bisognosa di cura.

Il Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, istituito 25 anni or sono dal Venerabile Giovanni Paolo II, è senza dubbio un’espressione privilegiata di tale sollecitudine. Il pensiero va con riconoscenza al Cardinale Fiorenzo Angelini, primo Presidente del Dicastero e da sempre appassionato animatore di questo ambito di attività ecclesiale; come pure al Cardinale Javier Lozano Barragán, che fino a pochi mesi fa ha dato continuità ed incremento a tale servizio. Con viva cordialità rivolgo, poi, all’attuale Presidente, Mons. Zygmunt Zimowski, che ha assunto tale significativa ed importante eredità, il mio saluto, che estendo a tutti gli officiali ed al personale che in questo quarto di secolo hanno lodevolmente collaborato in tale ufficio della Santa Sede. Desidero, inoltre, salutare le associazioni e gli organismi che curano l’organizzazione della Giornata del Malato, in particolare l’UNITALSI e l’Opera Romana Pellegrinaggi. Il benvenuto più affettuoso va naturalmente a voi, cari malati! Grazie di essere venuti e soprattutto della vostra preghiera, arricchita dall’offerta delle vostre fatiche e sofferenze. E il saluto si dirige poi agli ammalati e ai volontari collegati con noi da Lourdes, Fatima, Częstochowa e dagli altri Santuari mariani, a quanti seguono mediante la radio e la televisione, specialmente dalle case di cura o dalle proprie abitazioni. Il Signore Iddio, che veglia costantemente sui suoi figli, dia a tutti conforto e consolazione.

Due sono i temi principali che presenta oggi la liturgia della Parola: il primo è di carattere mariano e collega il Vangelo e la prima lettura, tratta dal capitolo finale del Libro di Isaia, come pure il Salmo responsoriale, ricavato dal cantico di lode a Giuditta. L’altro tema, che troviamo nel brano della Lettera di Giacomo, è quello della preghiera della Chiesa per i malati e, in particolare, del sacramento a loro riservato. Nella memoria delle apparizioni a Lourdes, luogo prescelto da Maria per manifestare la sua materna sollecitudine per gli infermi, la liturgia riecheggia opportunamente il Magnificat, il cantico della Vergine che esalta le meraviglie di Dio nella storia della salvezza: gli umili e gli indigenti, come tutti coloro che temono Dio, sperimentano la sua misericordia, che ribalta le sorti terrene e dimostra così la santità del Creatore e Redentore. Il Magnificat non è il cantico di coloro ai quali arride la fortuna, che hanno sempre "il vento in poppa"; è piuttosto il ringraziamento di chi conosce i drammi della vita, ma confida nell’opera redentrice di Dio. È un canto che esprime la fede provata di generazioni di uomini e donne che hanno posto in Dio la loro speranza e si sono impegnati in prima persona, come Maria, per essere di aiuto ai fratelli nel bisogno. Nel Magnificat sentiamo la voce di tanti Santi e Sante della carità, penso in particolare a quelli che hanno speso la loro vita tra i malati e i sofferenti, come Camillo de Lellis e Giovanni di Dio, Damiano de Veuster e Benedetto Menni. Chi rimane a lungo vicino alle persone sofferenti, conosce l’angoscia e le lacrime, ma anche il miracolo della gioia, frutto dell’amore.

La maternità della Chiesa è riflesso dell’amore premuroso di Dio, di cui parla il profeta Isaia: "Come una madre consola un figlio, / così io vi consolerò; / a Gerusalemme sarete consolati" (Is 66,13). Una maternità che parla senza parole, che suscita nei cuori la consolazione, una gioia intima, una gioia che paradossalmente convive con il dolore, con la sofferenza. La Chiesa, come Maria, custodisce dentro di sé i drammi dell’uomo e la consolazione di Dio, li tiene insieme, lungo il pellegrinaggio della storia. Attraverso i secoli, la Chiesa mostra i segni dell’amore di Dio, che continua ad operare cose grandi nelle persone umili e semplici. La sofferenza accettata e offerta, la condivisione sincera e gratuita, non sono forse miracoli dell’amore? Il coraggio di affrontare il male disarmati – come Giuditta –, con la sola forza della fede e della speranza nel Signore, non è un miracolo che la grazia di Dio suscita continuamente in tante persone che spendono tempo ed energie per aiutare chi soffre? Per tutto questo noi viviamo una gioia che non dimentica la sofferenza, anzi, la comprende. In questo modo i malati e tutti i sofferenti sono nella Chiesa non solo destinatari di attenzione e di cura, ma prima ancora e soprattutto protagonisti del pellegrinaggio della fede e della speranza, testimoni dei prodigi dell’amore, della gioia pasquale che fiorisce dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo.

Nel brano della Lettera di Giacomo, appena proclamato, l’Apostolo invita ad attendere con costanza la venuta ormai prossima del Signore e, in tale contesto, rivolge una particolare esortazione riguardante i malati. Questa collocazione è molto interessante, perché rispecchia l’azione di Gesù, che guarendo i malati mostrava la vicinanza del Regno di Dio. La malattia è vista nella prospettiva degli ultimi tempi, con il realismo della speranza tipicamente cristiano. "Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia, canti inni di lode" (Gc 5,13). Sembra di sentire parole simili di san Paolo, quando invita a vivere ogni cosa in relazione alla radicale novità di Cristo, alla sua morte e risurrezione (cfr 1 Cor 7,29-31). "Chi è malato, chiami presso di sé i presbiteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato" (Gc 5,14-15). Qui è evidente il prolungamento di Cristo nella sua Chiesa: è ancora Lui che agisce, mediante i presbiteri; è il suo stesso Spirito che opera mediante il segno sacramentale dell’olio; è a Lui che si rivolge la fede, espressa nella preghiera; e, come accadeva alle persone guarite da Gesù, ad ogni malato si può dire: la tua fede, sorretta dalla fede dei fratelli e delle sorelle, ti ha salvato.

Da questo testo, che contiene il fondamento e la prassi del sacramento dell’Unzione dei malati, si ricava al tempo stesso una visione del ruolo dei malati nella Chiesa. Un ruolo attivo nel "provocare", per così dire, la preghiera fatta con fede. "Chi è malato, chiami i presbiteri". In questo Anno Sacerdotale, mi piace sottolineare il legame tra i malati e i sacerdoti, una specie di alleanza, di "complicità" evangelica. Entrambi hanno un compito: il malato deve "chiamare" i presbiteri, e questi devono rispondere, per attirare sull’esperienza della malattia la presenza e l’azione del Risorto e del suo Spirito. E qui possiamo vedere tutta l’importanza della pastorale dei malati, il cui valore è davvero incalcolabile, per il bene immenso che fa in primo luogo al malato e al sacerdote stesso, ma anche ai familiari, ai conoscenti, alla comunità e, attraverso vie ignote e misteriose, a tutta la Chiesa e al mondo. In effetti, quando la Parola di Dio parla di guarigione, di salvezza, di salute del malato, intende questi concetti in senso integrale, non separando mai anima e corpo: un malato guarito dalla preghiera di Cristo, mediante la Chiesa, è una gioia sulla terra e nel cielo, è una primizia di vita eterna.

Cari amici, come ho scritto nell’Enciclica Spe salvi, "la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società" (n. 30). Istituendo un Dicastero dedicato alla pastorale sanitaria, la Santa Sede ha voluto offrire il proprio contributo anche per promuovere un mondo più capace di accogliere e curare i malati come persone. Ha voluto, infatti, aiutarli a vivere l’esperienza dell’infermità in modo umano, non rinnegandola, ma offrendo ad essa un senso. Vorrei concludere queste riflessioni con un pensiero del Venerabile Papa Giovanni Paolo II, che egli ha testimoniato con la propria vita. Nella Lettera apostolica Salvifici doloris egli ha scritto: "Cristo allo stesso tempo ha insegnato all’uomo a far del bene con la sofferenza e a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto egli ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza" (n. 30). Ci aiuti la Vergine Maria a vivere pienamente questa missione. Amen!
Benedetto XVI