giovedì 25 marzo 2010

Stabat mater

“Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco tua madre! E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: Ho sete. Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: E’ compiuto! E chinato il capo, consegnò lo spirito”.
Gv 19,25-30

“E’ compiuto!”.
Che cosa è compiuto? TUTTO.
Non solo tutto, ma tutto è compiuto per tutti.

Fratello, sorella fai molta attenzione: OGGI, proprio oggi, lì sotto la croce, ti stai per giocare tutto!
Non è uno scherzo, la Passione di Cristo non deve creare nel tuo cuore qualche sentimento di commozione: poverino, povero Gesù.
Oggi, nella Passione di Cristo, sei chiamato a fare verità su di te!
Chi sei? Dove vai?
C’è un TUTTO da compiere: o lo compi oggi o forse non lo compirai mai più.
Sì, perché non sai se ti sarà data un’altra possibilità per scoprire quella pienezza, per fare verità.
Per fare verità usiamo la Parola di Dio, che è affilata come una spada a doppio taglio.
Oggi, con questa spada, vogliamo recidere l’ipocrisia dalla verità.

Nel racconto della Passione viene portata alla luce la verità su molte persone; purtroppo anche verità molto dolorose, come quella di Pietro, che si scopre non essere discepolo, ma traditore.
Ma ora, con voi, voglio focalizzare l’attenzione su due persone: Gesù e Maria.
Per loro quella verità è COMPIMENTO, non tradimento.
Per loro la verità è che hanno portato a termine la volontà del Padre, sino alla fine!

“Stabat mater”: Maria rimase lì sotto la croce, immobile nel suo dolore, in piedi, radicata. C’è una stabilità non solo fisica, ma dell’anima.
Per lei, oggi, si compie la profezia di Simeone: “E anche a te una spada trafiggerà l’anima”. Lc 2,35

“Lo crocifissero”. Gv 19,18
La crocifissione avviene attraverso i chiodi, che servono appunto per inchiodare. Cioè?
Bloccano, fermano, rendono stabile.
Gesù sta fermo sulla croce, ma non è lì solo il suo corpo, tutta la sua volontà è fermamente stabile sulla croce, perché lì “è compiuto”. Gv 19,30
E’ compiuto il disegno del Padre, che era già stato annunciato nelle Scritture.
E qual è il disegno del Padre? Per capirlo rispondiamo a queste due domande:
- Cosa rende stabile Maria, sotto la croce?
- Cosa trattiene Gesù sulla croce?

Potremmo rispondere:
- Maria resta lì, perché il dolore di madre non le consente di allontanarsi;
- Gesù è trattenuto dai chiodi, non ha più la libertà di un minimo movimento.

Vero, ma troppo poco!
Non sono tanto i chiodi a trattenere Gesù, quanto l’amore.
Non è il dolore a bloccare Maria, ma l’amore.
In quel momento i cuori di Gesù e di Maria si fondono in un comune martirio d’amore!
L’ora del Figlio è giunta e con essa è giunta anche l’ora della Madre.
Queste due ore, inscindibili, cosa devono compiere?

Il disegno d’amore del Padre:
- Gesù versa il suo sangue per te e da quell’ora il suo sangue continua a scorrere su te per darti vita, l’unica vera vita;
- Maria è resa madre di ogni uomo sulla faccia della terra: “Donna, ecco tuo figlio!” Gv 19,26

VITA – MADRE: la croce è un disegno di dolore ed amore generativi!
Generare vuol dire dare vita, non si può generare morte. Nella tua vita devi scegliere: vuoi generare o vuoi morire? O dai la vita, o muori!
E l’unico albero che ti permette di generare è quello della croce: “O crux, ave, spes unica!”
Gesù nel momento supremo del suo supplizio genera.
Genera col suo sangue, che è vita. Non puoi vivere senza sangue!
Genera donandoti una Madre. Non puoi nascere senza Madre!

Oggi il Vangelo ti annuncia questa verità:
- Qualunque sia il tuo peccato, il tuo schifo, non sei destinato a morte, c’è un sangue, Il Sangue, che ti può ridare vita!
- Qualunque sia il tuo dolore, la tua disperazione, non sei solo, c’è una Madre che non ha paura del tuo strazio, non fugge e patisce lì con te.

Che dolcezza pensare a tutto questo!

Accetta questa verità ed inizia anche tu a generare. Sei chiamato a dare la vita, non anestetizzare i tuoi dolori con inutili palliativi.

Un ultimo pensiero desidero dedicarlo ai sacerdoti e a tutte le persone consacrate.
Dobbiamo sempre essere consapevoli che la nostra chiamata è per generare!
Secondo i criteri del mondo rinunciamo proprio a generare, ma noi non siamo del mondo.
Secondo i criteri della fede siamo chiamati a generare una moltitudine di figli e di figlie, senza risparmiarci, sino alla fine, accettando anche di versare il nostro sangue e di lasciarci straziare il cuore!

In particolare a voi, dedico questo scritto di Henri J.M. Nuowen:
“La morte di Gesù precipitò Maria nel dolore più profondo che sia mai stato vissuto da un essere umano, all’infuori di Gesù stesso. Lei, che non poteva ferire suo Figlio, provò la pietà più lancinante per le sue ferite. La sua sofferenza e la sofferenza di Gesù sono intimamente unite l’una all’altra. Quando il corpo straziato di Gesù viene adagiato tra le sue braccia, Maria abbraccia il dolore del mondo intero, patito da Gesù. In tal modo, diventa la madre di tutte le creature per il cui dolore Gesù è vissuto ed è morto.
Sorelle e fratelli, guardate a Maria mentre sorregge il corpo straziato di suo Figlio. Lì possiamo riconoscere la nostra vocazione di consacrati a Dio, di consacrate ad aprire le braccia a coloro che soffrono. La nostra vocazione non è quella di eliminare la sofferenza umana, ma di rivelare che per mezzo di Gesù la sofferenza è diventata la via che conduce alla gloria di Dio”.

Ecco il senso più profondo della parola generare: condurre alla gloria di Dio!

O Madre, genera ogni giorno a Cristo queste nostre vite!

Elisa Ordo Virginum

sabato 20 marzo 2010

Quello sguardo!!!

“Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poichè insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più». Gv 8,1-11

Di cosa ci parla questo testo della scrittura?
Di una donna adultera, che secondo la legge di Mosè deve essere lapidata.
Ci parla di Legge, di giustizia, siamo in un tribunale.
Allora ci devono essere:
1. una persona che ha trasgredito una legge;
2. una persona che ha subito il danno, la parte lesa;
3. dei testimoni;
4. un giudice.
In realtà in quest’episodio c’è una grande confusione tra le parti. Vediamo…

1. Il trasgressore: la donna adultera.
E basta?
Per commettere adulterio occorre come minimo un uomo!
E dov’è?
Quindi il secondo trasgressore è scomparso.
Ma, secondo la Scrittura, ve n’è un terzo: “Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo”. Gv 8,6
Scribi e farisei cercano un capo d’accusa per Gesù, quindi anche lui è tra i colpevoli.
E qual è il peccato di Gesù?
E’ molto più grave di quello della donna: ECCESSO DI MISERICORDIA! ECCESSO D’AMORE!
E dove c’è amore non c’è giustizia, l’amore è ingiusto perché è eccessivo.
Ma siamo in un tribunale e perciò occorre far giustizia, quindi l’amore di Gesù per gli scribi e i farisei è peccato.

2. La parte lesa: colui che ha subito un danno.
Chi ha subito il danno?
Se la donna ha commesso adulterio, l’uomo con cui l’ha commesso era accondiscendente.
La parte lesa, allora, chi è?
Il marito della donna? La moglie dell’uomo? Impossibile in una società tutta coniugata al maschile.
Chi è? Non c’è! Se non c’è parte lesa, perché c’è un processo?

3. Testimoni: gli scribi e i farisei che l’hanno colta in adulterio.
Questa apparentemente è l’unica posizione chiara.

4. Giudice: teoricamente è Gesù, a cui conducono la donna. Ma siamo certi?
Ci sono due anomalie:
  • la conducono da un giudice che in realtà vogliono accusare! Si può accusare un giudice?
  • Il giudice non emette nessuna sentenza, a Lui le discussioni a colpi di articoli di codice non interessano. Ma come? Che giudice è?
Che groviglio! Vediamo di fare un po’ di chiarezza…
1. Il trasgressore è Gesù!
Per due motivi:
  • E' Lui che cercano di incastrare;
  • E’ Lui che ha cambiato il codice.
Si, perché introduce il codice della misericordia, che non può essere rinchiuso in articoli di un codice, né inciso sulla pietra.
La misericordia non si scrive su materia dura, ma si traccia su un cuore di carne, simboleggiato dalla terra su cui Gesù si mette a scrivere.
La terra è fertile. La pietra sterile.
Le pietre scagliate non possono produrre nulla di buono… la misericordia crea, ri-crea!

2. La parte lesa è la donna!
Per due motivi:
  • la vogliono uccidere e non si sa chi abbia leso;
  • la sua miseria le ha tolto dignità.

La parte lesa deve essere risarcita! Come avviene qui il risarcimento?
Sicuramente è avvenuto non solo e non tanto nelle parole: “Neanch’io ti condanno”. Gv 8,11, ma nello SGUARDO accompagnato a quelle parole.
Qui è scritta una pagina di misericordia, di fiducia, di perdono, che lei ha letto, non per terra, ma in uno sguardo.
Uno sguardo nuovo.
Lei fin’ora aveva fatto esperienza di due tipi di sguardi:
  • quello del desiderio, del possesso egoistico;
  • quello della condanna.
Lo sguardo di Gesù è diverso!
E’ Creatore: la chiama all’esistenza.
Ed è pure uno sguardo rivelatore: manifesta alla donna la sua vera dignità, non più sfigurata, ma trasfigurata, “Va ed ora in poi non peccare più”. Gv 8,11

3. Testimoni per Gesù possono essere solo coloro che sono senza peccato: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. Gv 8,7
Non quelli che hanno visto! Solo quelli senza peccato possono scagliare la prima pietra: la più dura, perché condanna irrevocabilmente!
Quante volte io, tu, scagliamo la prima pietra?
Una parola dura come un macigno, un rifiuto che uccide!
Si, perché il contrario dell’amore è l’omicidio!
Se non ami uccidi!

4. Il giudice sono gli scribi e i farisei, coloro che si vogliono ergere a paladini della verità.
Ma qual è la verità?
Non si sa nemmeno con chi è stata la donna!
Il giudice è costretto a giudicare se stesso: “Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani”. Gv 8,9
Il loro problema non è smettere di peccare, ma riconoscersi peccatori!
E tu, giudice, quando ti accorgerai che sei un peccatore?
Quando riconoscerai che il tuo sguardo è contaminato?
Quando ammetterai il tuo peccato sarai perdonato ed allora fiumi di grazia scorreranno in te e ti risaneranno.
Il giudice è in una spirale d’odio e in questa non c’è spazio al perdono di Dio.
Il peccatore è in una spirale di miseria e in quel dolore si apre alla misericordia.

Coraggio sorella, coraggio fratello, riconosci la tua miseria e allora miseria e misericordia si incontreranno.
Elisa Ordo Virginum

mercoledì 17 marzo 2010

17 Marzo: San Patrizio

Finalmente una vera festa da uomini in cui gioia e sorrisi contagiano l’umore delle persone che festeggiano: o è solo l’effetto dell’alcool?
Se ET passasse in questo giorno sulla terra probabilmente penserebbe che San Patrizio è il più grande produttore di birra e che possiede una vastissima catena di pub…

Ma è veramente tutto qui? San Patrizio è solo un momento per bere con qualcuno? Per girare da un pub all’altro?
Chi era veramente Patrizio, prima di diventare una “festa”?

Patrizio nasce nel 385 ed è un abitante della Britannia. A sedici anni viene rapito dai pirati irlandesi in una delle numerose incursioni con cui portavano il terrore sulle coste delle isole britanniche.

In Irlanda viene ridotto in schiavitù e costretto a pascolare le pecore di un capo tribù dell’Ulster.

Sono sei anni di stenti, di paure, di violenza ed è proprio in questa situazione che Patrizio si affida completamente alle mani del Creatore: “Ero come una pietra che giaceva in profondità nella melma. E venne Colui che è potente e mi sollevò nella Sua misericordia”.

La preghiera diventa così la nuova compagna di Patrizio […]; la Fede, che ai tempi della sua giovinezza in Britannia gli pareva solo una superstizione dei genitori, diventa la sua salvezza spirituale, ma anche concreta, dal momento che, come racconta, fu proprio la voce di Dio a guidarlo per centinaia di miglia dalle terre in cui pascolava le pecore per il suo padrone al porto in cui avrebbe trovato la nave di mercanti che lo avrebbe ricondotto alla libertà, senza che nessuno lo fermasse durante il cammino. […] Dopo ulteriori peregrinazioni, Patrizio riesce a tornare in Britannia, ma ormai non è più lì il suo posto. […] Più è ormai lontano dalla prigionia, più sente il richiamo di quella terra per lui tanto aspra. […] E soprattutto acquisisce sempre più la consapevolezza che quelle genti avevano bisogno di lui, che la sua missione sarebbe stata quella di portare loro il Vangelo.

” Ti chiediamo, o santo fanciullo, di venire a camminare ancor tra noi” è la chiamata alla quale non può più sottrarsi. Nel 432 torna nell’isola come vescovo. (1)

Patrizio, poi diventato Santo e Patrono dell’Irlanda, è riuscito a perdonare i suoi stessi carcerieri seguendo l’esempio di Gesù, portando in quelle terre il Vangelo.

(1) Tratto dalla Confessione di Patrizio, 2004 Finisterrae

sabato 13 marzo 2010

Con viscere di Misericordia!

“Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si
gettò al collo e lo baciò.
Il padre disse ai servi: presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare,
mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi”. Lc 15,20.22

Caro fratello, cara sorella,
siamo già alla quarta Domenica di Quaresima; la settimana Santa, la settimana più bella di tutto l’anno, non solo liturgico, ma proprio di tutto l’anno solare, è alle porte e OGGI il Vangelo ci dà una NOTIZIA DIROMPENTE!
Oh, se tu potessi capire cosa vuol dirti il Padre…
Desidero pregare e digiunare, piangere e vegliare per te, fratello e sorella, chiunque tu sia…
per voi, cari sacerdoti, perché sappiate annunciare con altrettanta forza dirompente il messaggio che oggi ci viene proclamato.

Quale è questo annuncio?
“Quando era ancora lontano, suo padre lo vide”.
Se lo vede che è ancora lontano, vuol dire che stava scrutando all’orizzonte, che lo stava aspettando con ansia.
C’è di più: TI ASPETTA! Punto.
Non ti aspetta per sapere cosa hai combinato, ti aspetta e basta. E come ti aspetta?
“Con compassione”. Compassione vuol dire patire insieme.
Il Padre è in tua attesa ed è un’attesa viscerale, che lo coinvolge nelle sue fibre più intime…
Il Padre ti desidera con VISCERE di MISERICORDIA! Perché?
Perché il Padre sa che sei caduto nel peccato, che è la tua morte!
Lui è disperato per il tuo peccato, non perché lo offende, ma perché ti conduce a morte.

Cos’è il peccato?
Una cosa bella, ma vietata. ERRORE! Questa è una mentalità legalista.
Il peccato è una mancanza: manca qualcosa! Cioè?
Tu nella tua vita sbagli il bersaglio: servi a qualcosa e non lo fai, hai una missione fenomenale e non la esegui!
Non ci credi? Credi che peccare sia bello? E fallo!!!
Ma attento a non impazzire.
Il figlio, infatti, non torna a casa perché è pentito… ma perché non ce la fa più.
Sta morendo! Capisci? Morendo per sempre!
FINE, THE END, STOP!!! Pronto? Non essere anestetizzato, sai cosa vuol dire morire?
Il figlio vorrebbe mangiare le carrube dei porci; ma non gliene danno!
Dove l’ha portato il peccato? A stare peggio di un porco!
Non è un giudizio, è una condizione di dolore indescrivibile.
Ma ecco l’annuncio dirompente: al Padre non interessa come ti sei ridotto, Lui è lì che scalpita, non vede l’ora d’intravederti per…
Per metterti il vestito più bello: ti vuole splendente!
Per metterti l’anello al dito: è un sigillo, un segno di riconoscimento; ti dà il suo bancomat e tu puoi dire PAGA MIO PADRE!
Per metterti i sandali ai piedi: li avevano solo i ricchi, perciò sei un figlio di Re!
Ma ti rendi conto di quale è la volontà di Dio sulla tua vita?
Non vietarti alcune cosette… ma renderti RAGGIANTE!
Cos’è il contrario del peccato? L’obbedienza alla volontà del Padre! Quale è?
Ti ho creato perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché devi fare qualcosa, che se non farai tu, non farà nessun altro!
Vuoi scoprirlo?
La volontà del Signore su di te si fa sentire, non solo nelle grandi occasioni, ma ad ogni istante!
Scrive M. Delbrel in una pagina di rara bellezza: “Entro la tenebra che ci avvolge, possiamo cogliere le innumerevoli precise luci della tua volontà. Noi non siamo mai dei miserabili lasciati a far numero, ma dei felici eletti, chiamati a sapere ciò che vuoi fare. La lettera da scrivere, il marito da rasserenare, la porta da aprire, l’emicrania da sopportare: tutti trampolini per l’estasi. Noi siamo tutti predestinati all’estasi, tutti chiamati ad uscire dai nostri poveri programmi per approdare, di ora in ora, ai tuoi piani.
Il giorno che noi comprendessimo questo, andremmo nella vita come profeti, come veggenti delle tue piccole provvidenze, come mediatori dei tuoi interventi. Nulla sarebbe mediocre, perché tutto sarebbe voluto da te. Nulla sarebbe troppo pesante, perché tutto avrebbe radice in te”. 1
Senti con quale delizia vibrano le corde del cuore di chi compie la volontà del Signore!
Obbedire alla volontà del Padre non è fare come il figlio maggiore: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando”. Lc 15,29
Lui è un servo, non un figlio! Non obbedisce per amore, non ha scoperto la sua missione di figlio di Re. Vorrebbe peccare e non ne ha il coraggio! Anche lui è incatenato.
Che tu sia nel peccato o che tu abbia solo nostalgia del peccato, sei comunque in CATENE!

E allora?
Allora all’orizzonte si staglia la settimana più bella: la settimana Santa, santa perché il Signore ancora una volta ti dice che non ti abbandonerà mai.
Ti GRIDA: “sono Io, il tuo Liberatore, mi vedi, mi vuoi”?
“Lascio dilaniare il mio corpo per liberarti dal peccato: per ricondurti a vita zampillante”!
Ma tu vuoi essere liberato?
Vuoi uscire da quella sofferenza che ti sta uccidendo? Lo vuoi?
Vieni! Basta un passo!!!

E voi, amati fratelli sacerdoti, gridate a squarciagola la Misericordia del Padre!
Mostrate, anche con le vostre lacrime, che il Padre si contorce per amore in attesa di un nostro minimo cenno.

Fratello, sorella, farai appena in tempo a balbettare “A”.. non “aiuto”, ma solo “A” ed il Padre si getterà al tuo collo e ti bacerà!

Coraggio, figli di Re!
Elisa Ordo Virginum
1. M. Delbrel, “Che gioia credere”, Torino, 1970.

domenica 7 marzo 2010

Io sono!

“Mosè disse a Dio: ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Mi diranno: qual è il suon nome? E io cosa risponderò loro? Dio disse a Mosè: Io sono colui che sono! E aggiunse: così dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi”.
Es 3,13-14

Oggi finalmente la Scrittura ci parla chiaro!
Ci parla della rivelazione del nome divino, quindi ci dice chi è Dio.
Che bello! E chi è?
Dio dice a Mosè: “Io sono colui che sono”!
Chiaro per tutti vero? Finalmente hai capito chi è Dio!
Se è così COMPLIMENTI, perché in realtà mi sembra un testo un po’ ostico, ma siccome nella Bibbia nulla è assurdo, cerchiamo di addentrarci.
Prima domanda: chi è Mosè?
Mosè è un ebreo, nato al tempo della schiavitù in Egitto, nel periodo in cui il faraone aveva comandato di uccidere i bambini maschi che nascevano agli ebrei, perché erano troppo numerosi. La madre di Mosè decide però di metterlo in una cesta nel fiume Nilo, per tentare di salvarlo.
Questa cesta viene trovata dalla figlia del faraone, che non ha il cuore indurito come il padre e decide di salvarlo. Lo chiama Mosè, che significa: “Io l’ho tratto dalle acque”! Es 2,10
Mosè cresce alla corte del faraone, come un egiziano, ma ad un certo punto non ne vuole più sapere e scappa! Si fa i fatti suoi, ma un bel giorno Dio lo acchiappa, lo chiama e gli dà una missione: libererai il mio popolo.
FERMI TUTTI!
E perché Mosè dovrebbe obbedire ad uno che non sa chi è?
Tu non obbedisci ad una persona che non conosci e che per te non ha fatto nulla!
Proprio per questo Dio si presenta. YHWH significa “Egli è” e siccome è Dio stesso che parla dice: “Io-Sono”, cioè io sono l’Esistente, l’unico che ha la vita in sé, che è sempre esistito ed esisterà sempre, come ci viene detto in Apocalisse 1,8 : “Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente”!
E non solo… Dio è l’unico che può rendere esistente te, l’unico in grado di darti davvero la vita!
Non ci credi? Tu sei capace di darti la vita da solo?
Allora sei felicissimo, non c’è nulla della tua vita, del tuo cuore che non ti piaccia?
Non rispondere a me, rispondi davanti a Dio… se vuoi puoi mentire anche a Lui!
Dio vuole darti la vita in pienezza, ma per farlo ti deve parlare…
Vuoi ascoltarlo? Vuoi conoscerlo? Tu Dio lo hai incontrato nella tua vita? Dove?
Se lo hai conosciuto allora le tue tenebre si sono rischiarate, hai trovato una speranza anche nella situazione più angosciante della tua vita… la speranza di gridare a Qualcuno che non ti abbandona!
La figlia del faraone probabilmente aveva conosciuto Dio, perché sa contrapporsi all’arroganza del padre.
Anche la moglie di Pilato ha avuto il coraggio di sfidare la superbia del marito, la superbia di chi, investito di un ruolo di grande prestigio, crede di fare giustizia. E invece?
Invece la moglie di Pilato gli dice che Gesù è un GIUSTO: “Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua”. Mt 27,19
Gli dice che è stata turbata, che letteralmente significa “ha sofferto”.
Due donne che, seppur non appartenenti al popolo ebraico, hanno conosciuto Dio e si dissociano dall’empietà. Donne che hanno il coraggio di ascoltare Qualcuno che bussa alla porta del loro cuore. “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”. Ap 3,20
Sai che OGGI, Domenica 7 Marzo 2010, c’è Qualcuno che bussa alla porta del tuo cuore? Chi?
“Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vediamo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”. Lc 13,8-9
È Gesù, che non ha ancora chiuso la partita con te e non vuole farlo.
Gesù implora il Padre: ancora un anno, lascia che io lo zappi e lo concimi!
Io, tu siamo quel fico sterile! Ma… Gesù ci dà un’altra possibilità e ci dice: dai, oggi puoi ricominciare, vuoi aprirmi la porta? Non vedo l’ora di entrare nella tua vita!
Se non lo fai, forse devi ricevere ancora qualche zappata, perché è la sofferenza che ad un certo punto ti costringe a gridare al cospetto di Dio!
Se non vuoi capire, caro fratello, cara sorella…. forse lo farai quando un colpo molto forte ti spezzerà le ossa!
A te fratello, a te sorella che non riesci più ad alzarti, OGGI, Gesù dice: voglio concimarti, voglio ridarti la vita! La partita non è chiusa!

Che quel “Io-Sono” possa tuonare nel tuo cuore e portarlo a pulsare!

Elisa Ordo Virginum