sabato 23 gennaio 2010

I cinque ciechi

I cinque ciechi 1

C’è una antica storia indiana molto famosa che è quella dei cinque ciechi. Ne circolano tante versioni, e ne racconterò una:

In un paese dell’India vivevano cinque ciechi che non avevano mai visto un elefante. Finalmente arrivò un circo, ed essi furono veramente felici quando seppero che era possibile “vederne” uno.
Dunque furono accompagnati uno alla volta all’elefante, ed essi allungarono le loro mani per toccarlo, in quel modo come i ciechi sanno fare.
Avanzò il primo, e ne toccò la pancia. Poi tornando indietro pensieroso si diceva: non avrei immaginato: l’elefante è un muro.
Avanzò il secondo, e ne toccò la proboscide. Poi tornando indietro pensieroso si diceva: non avrei mai immaginato: l’elefante è un tubo.
Avanzò il terzo e ne toccò una zampa. Poi tornando indietro pensieroso si diceva: non avrei mai immaginato: l’elefante è un tronco d’albero.
Avanzò il quarto e ne toccò l’orecchio. Poi tornando indietro pensieroso si diceva: non avrei mai immaginato: l’elefante è una pergamena.
Avanzò il quinto e ne toccò la coda. Poi tornando indietro pensieroso si diceva: non avrei mai immaginato: l’elefante è una corda.

La storia finisce così. Ma qualcuno racconta ancora che i cinque ciechi, di ritorno da questa esperienza, incominciarono a litigare tra loro in modo furioso, perché ognuno era convinto di sapere molto bene cos’era un elefante, mentre gli altri, inspiegabilmente, non avevano capito nulla.

Rileggendo questa storia, balza agli occhi con evidenza che ognuno di questi ciechi aveva una sua ragione, e che era giusto difendere la loro verità. L’errore che tuttavia facevano tutti i cinque era un altro: quello di ritenere di avere “visto” tutto l’elefante, e non soltanto quella piccola parte che avevano toccato.

E’ l’errore che anche a noi può capitare di fare quando pensiamo che la nostra esperienza sia quella vera in assoluto ed alla quale gli altri si debbono necessariamente uniformare se vogliono restare nella verità. Da questo presupposto il più delle volte hanno origine discussioni, incomprensioni, liti, prevaricazioni, causando sofferenze di ogni genere.


I cinque ciechi 2

La storia dei cinque ciechi è molto importante da meditare, perché svela uno degli errori più comuni nei quali possiamo incorrere, cioè quello di generalizzare la nostra esperienza particolare e di imporre agli altri come verità il nostro limitato pensiero.
Per approfondire questo concetto, possiamo ascoltare cosa ci dice San Paolo sullo stesso argomento in 1 Corinzi 12 , ove ci svela delle realtà ancora più profonde che riguardano anche la dimensione spirituale dell’uomo:

12Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. 13E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito. 14Ora il corpo non risulta di un membro solo, ma di molte membra. 15Se il piede dicesse: "Poiché io non sono mano, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe più parte del corpo. 16E se l'orecchio dicesse: "Poiché io non sono occhio, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe più parte del corpo. 17Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l'udito? Se fosse tutto udito, dove l'odorato? 18Ora, invece, Dio ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto. 19Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? 20Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. 21Non può l'occhio dire alla mano: "Non ho bisogno di te"; né la testa ai piedi: "Non ho bisogno di voi". 22Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie; 23e quelle parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggior rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggior decenza, 24mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava, 25perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre. 26Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. 27Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte.


I cinque ciechi 3

La terza parte la lascerei ad ognuno di noi. Possiamo guardare a tante realtà che ci circondano, e considerare come cambierebbe la nostra vita in positivo se accogliessimo quanto ci insegna il Signore. Nelle relazioni in famiglia, nel lavoro, nel sociale, nella vita spirituale. Possiamo considerare come ci potremmo arricchire accogliendo la ricchezza degli altri, piuttosto che escluderla temendola come una minaccia alla nostra integrità. Possiamo riconsiderare la vecchia formuletta di quando eravamo bambini, semplice ma molto significativa, che uno più uno in queste cose non fa due ma tre. Diventerebbe vera e propria terapia verso tante relazioni “malate” l’imparare a guardare all’altro con gli occhi e col cuore aperti all’accoglienza, e dirgli: SI, GRAZIE PER IL TUO CONTRIBUTO.
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2 commenti:

  1. quando arrivi a dire-Grazie per il tuo contributo-hai gia risolto la relazione "malata"
    Ma per arrivarci si deve passare attraverso "si ho bisogno anche di te"e non è facile se con quella persona sei in conflitto.....
    Sei portato a pensare che l altro non rispetti la tua mappa,e precio'difendi la tua identita' restando nel conflitto,e proteggendo la tua ferita
    Ci vuole molta volontà e voler guarire anche noi stessi ,non solo l' altro.
    viaggio lungo......
    comunque -grazie per il Suo contributo-

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  2. Per Cori, lei ha perfettamente ragione, almeno dal mio punto di vista, quando dice che ci vuole molta volontà per relazionarci con persone che non rispettano la nostra mappa del mondo.
    Se poi si vuole sanare queste relazioni che definiamo “malate” giustamente lei dice, entrano in gioco anche le nostre difese.
    Io direi che il saper riconoscere il contributo alla comprensione della verità che un altro può dare, sia sempre una ricchezza ed uno strumento di crescita personale, a prescindere dal tipo di relazione che possiamo avere con questa.
    Avevo dei problemi con una persona che rifiutavo con tutto me stesso. Questa tuttavia, in una certa circostanza ha detto delle cose che ho ritenuto giuste, e che mi hanno arricchito, e le ho fatte mie. Per quanto mi ha dato le sono riconoscente ancor oggi, anche se sono anni che non la vedo più.
    Questo naturalmente non significa che la relazione malata sia sanata, perché per ottenere questo ci vogliono altri passaggi. Ma è un buon punto di partenza.

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