venerdì 15 gennaio 2010

Caritas in Veritate

La sala conferenze della banca Agricola Mantovana è piena. Presenti il Sindaco Brioni, il Presidente della Provincia Fontanili e dirigenti della Banca Agricola Mantovana e MPS. Sottolineo la loro presenza perchè la presentazione dell’enciclica del Papa ha toccato temi sociali ed economici.
Nelle vesti di moderatore è lo stesso Vescovo che ringrazia i presenti, dà la parola prima alla Brioni e poi a Fontanili per aprire con benvenuti e ringraziamenti. Poi cede la parola ai relatori, Monsignore Toso, già Rettore della facoltà Pontificia, e il Prof. Zamagni, attualmente ordinario di economia all’Università di Bologna.

Monsignor Toso tratteggia l’enciclica da un punto di vista spirituale e sociale.
Fà notare che il tema centrale dell’enciclica è già presente nel sottotitolo: SVILUPPO UMANO INTEGRALE NELLA CARITÀ E NELLA VERITÀ.

L’argomento viene sviluppato lanciando diversi spunti .
Lo sviluppo integrale umano non può essere letto solo come sviluppo economico o sviluppo individuale, ma deve investire l’intera comunità. Il nucleo generatore del nuovo umanesimo, per un bene comune universale, è la Carità nella Verità.
La sete di senso che l’umanità di oggi soffre deve trovare risposta nella comunità cristiana.
La carità è il motore che aiuta la ragione: il primo slancio è nell’Amore, concetto già presente in Aristotele e Sant’Agostino. Poniamo l’esempio della scelta della professione. Scelgo il mio lavoro in base a ciò che amo, solo in un secondo momento affronterò con la ragione gli ostacoli e i passi per raggiungere l’obiettivo. Quindi viene prima l’Amore e poi la Ragione.
Contro i tre idoli moderni del denaro, della tecnica e del potere, per arrivare ad avere uno sviluppo integrale (cioè di tutti) ci vuole una conoscenza comune e condivisa, in cui tutti si possano riconoscere (non è necessario avere largo consenso).

C’è chi ritiene che il primo fattore per lo sviluppo sia la stessa e uguale possibilità di agire e riuscire per ciascun cittadino (Martin Assen).
Invece lo sviluppo prevede un solo fattore essenziale: L’annuncio di Cristo! Può sembrare integralismo, ma solo così si garantisce un ribaltamento di valori; mettersi al servizio degli altri e quindi della società: ecco il vero sviluppo integrale.
Annunciare Cristo, cioè Dio, significa considerare l’altro mio fratello. Solo così si creano le gerarchie corrette...senza Dio è arduo considerare l’altro fratello.
Mosignor Toso, avviandosi, alla conclusione denuncia inoltre la mancanza di formazione dei cristiani. Se non c’è una sistematica e seria catechesi per adulti non si hanno credenti retti, liberi da religiosità emotive, pronti a denunciare il male, costruttori attivi del nuovo umanesimo. La formazione cristiana, sottolinea, deve essere fatta su basi scientifiche e non a livello mediocre.

Riprendendo l’enciclica cita alcune delle tante dicotomie presenti nella nostra società Post-industriale:
Etica – Verità
Etica personale – etica politica
Famiglia – Giustizia sociale
Ecologia – etica ambientale

Toso conclude con l’art.32 dell’enciclica dove sottolinea che il lavoro per tutti è un Bene: La dignità della persona e le esigenze della giustizia richiedono che, soprattutto oggi, le scelte economiche non facciano aumentare in modo eccessivo e moralmente inaccettabile le differenze di ricchezza e che si continui a perseguire quale priorità l'obiettivo dell'accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti. A ben vedere, ciò è esigito anche dalla « ragione economica ». L'aumento sistemico delle ineguaglianze tra gruppi sociali all'interno di un medesimo Paese e tra le popolazioni dei vari Paesi, ossia l'aumento massiccio della povertà in senso relativo, non solamente tende a erodere la coesione sociale, e per questa via mette a rischio la democrazia, ma ha anche un impatto negativo sul piano economico, attraverso la progressiva erosione del « capitale sociale », ossia di quell'insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole, indispensabili ad ogni convivenza civile.

La parola passa al Prof. Zamagni che, nonostante l’ora tarda (le 22:00), riesce a catturare l’attenzione della platea per un’ora ricca con esempi, citazioni, teorie economiche sbriciolate sia per renderle comprensibili a tutti, sia per essere demolite nella loro finta sostanza.
Inizia con i paradossi dell’epoca moderna. Tutti gli studiosi di economia e sociologia concordano su dati evidenti:
• aumento della ricchezza = aumento delle disuguaglianze
• aumento della produzione alimentare = aumento della fame nel mondo
• aumento del reddito medio = aumento dell’infelicità

L’infelicità è misurata statisticamente dalle malattie depressive, dai suicidi aumentati soprattutto tra le popolazioni benestanti. Mentre i poveri sperano, i ricchi disperano, aspetto che rende evidente il disagio di molte civiltà, non dovuto dalla mancanza di cose, ma da un eccesso di beni mal distribuiti.
Il male della nostra società post-industriale inizia da un triplice errato convincimento della separazione di fattori che vanno tra loro connessi:
1. economia – aspetto sociale
2. lavoro – ricchezza
3. mercato – democrazia

1. Economia – aspetto sociale. Se vuoi guadagnare devi essere efficiente, altrimenti sei fuori. Per questi casi la sensibilità moderna, col seme buono della solidarietà, ha pensato al Walfare State (1939). Ecco il primo convincimento: non c’è da preoccuparsi, ci pensa il “sociale”. In realtà non si può tenere separata l’economia dal sociale. E’ offensivo essere mantenuto, è il lavoro che dà dignità. Bisogna celebrare questo matrimonio indissolubile tra economia e sociale, riunire ciò che era stato separato. E’ necessario ricomporre efficienza e solidarietà.
2. Lavoro – ricchezza. Un concetto fondamentale da sempre è che alla base della ricchezza c’è il lavoro (Adam Smith). Oggi questa relazione è stata divisa. Alla base della ricchezza non c’è il lavoro, ma la speculazione. Non importa come guadagni, l’importante è guadagnare. Il concetto di lavoro nell’epoca greco-romana era relegata agli schiavi. Con la regola Benedettina si recupera la vera dignità del lavoro: ora et labora. Da qui nascono le basi della costituzione, nonché il concetto moderno di lavoro come elemento importante per la dignità dell’uomo.
3. Mercato – democrazia. Il mercato è uno dei rari campi autoreferenziali. Ha delle regole, ma le regole le ha scritte lo stesso mercato. Le regole del mercato internazionale non sono state fissate da un parlamento, da un ente o istituzione, le hanno scritte dei banchieri di Basilea nel 1974. Chi non è d’accordo, solitamente paesi in via di sviluppo o del terzo mondo, deve comunque rispettare le regole decise dai mercanti. Bisogna riunire il mercato con la democrazia. La crisi attuale è anche dovuta alla cancellazione di alcune leggi USA (L.Stigal 1980) riscritte dagli economisti.

Ci chiediamo, come si fa? L’enciclica non ha ricette, ma suggerisce tre criteri:
1. Fraternità
2. Giustizia Contributiva
2. Bene Comune

1. La Fraternità supera la solidarietà. Può esserci solidarietà, ma ciò non implica che ci sia fraternità (Cuba, Unione Sovietica). La fraternità include la solidarietà e la supera. Non serve avere di più, servono beni relazionali. Non serve il mero servizio, non vogliamo essere trattati da numeri, vogliamo essere riconosciuti persone. Ma per essere riconosciuti come persone non basta una macchina, serve l’altro, serve una persona. Ecco che nascono modelli di economia nuovi già esistenti e funzionanti, inseriti nelle regole del mercato attuale ma che applicano la fraternità. Faccio riferimento alle più di 1000 Aziende dell’Economia di Comunione, alle Cooperative Sociali... ecc..
2. Giustizia Contributiva. Solitamente la giustizia si suddivide in Commutativa e Distributiva. Giustizia commutativa significa dare il prezzo giusto alle cose, prezzo proporzionato al costo di produzione. Giustizia distributiva significa la redistribuzione in una società ben ordinata tramite tasse. Ma di Giustizia Contributiva non si parla mai; non può essere imposta dalla legge. La giustizia contributiva è sentirsi legato, “obbligato”, al destino degli altri, quindi contribuisco ai beni di uso comune. Mi sento appartenente alla comunità, creo coesione sociale, creo gratuità.
3. Bene Comune. Attenzione a non confondere il bene comune col bene totale, errore fatto da tutti. Esempio lampante per capire la differenza tra i due tipi di bene: Il bene totale è la somma dei beni di ciascuno 1000.000+30+0=1000.030. Il bene comune è il prodotto, basta che ci sia anche un solo addendo pari a 0 che si annulla tutto 1000.000x30x0=0. Non posso dissociare il bene di uno solo da quello degli altri, non posso sacrificare nessuno!

Zamagni nella conclusione si è infervorato su alcuni cambiamenti che ancora non avvengono a livello legislativo e sociale. Ha accennato alla compatibilizzazione tra i tempi di lavoro e i tempi per la famiglia, ha sottolineato che è tecnicamente possibile, purché lo si voglia.
Ha concluso il suo intervento citando Sant’Agostino che descrive la Speranza come mamma di due figli, Rabbia e Coraggio: ci vuole rabbia e coraggio per cambiare le cose.

Anche il Vescovo ci ha congedati suggerendoci un sana indignazione per un mondo che critichiamo a parole, ma che poi accettiamo così com’è.
Antonio

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