martedì 22 settembre 2009

Quando siamo forti 4

Arrivati a questo punto, dobbiamo guardarci dal non cadere in un tranello, o meglio in un autoinganno, cioè quello di considerare queste tecniche scontate e banali.

Lo stratagemma testé citato di evitare gli scontri diretti potrebbe a prima vista essere letto come fuga, segno di debolezza o di vigliaccheria, e questo accade di frequente. Chi non ricorda le parole: “Questo non me lo lascio dire!” tanto per fare un esempio. Poi ci si mette sullo stesso piano dell’avversario usando le sue stesse armi. E se guardiamo dentro a questo atteggiamento scopriamo quasi sempre una motivazione che ha radici in un sentire comune imparentato all’orgoglio ed alla convinzione che il tirarsi indietro sia segno di debolezza.

Quello che voglio dire è che se noi diamo spazio ad automatismi o diamo risposte di istinto, si può anche essere coraggiosi, ma questo non ha nulla a che fare con una strategia orientata alla vittoria del più debole sul forte. La strategia è un’arte potente che consiste in una serie di azioni razionali e rigorose, e quindi in se stessa già un atto di forza. Per giungere alla strategia dunque, come detto, dobbiamo abbandonare i gesti di istinto, uscire dai vecchi schemi di ragionamento e salire di livello con il primo passo che abbiamo definito consapevolezza.

Ps) Quante volte i gesti che il Signore ci suggerisce (carità, amore, mitezza, benevolenza ecc.) sono letti dal mondo come segni di debolezza. Sono invece strategie vincenti per la conquista di un vivere migliore e del Regno di Dio.
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