lunedì 30 maggio 2011

Sull'Amore

“Il cristianesimo, secondo Friedrich Nietzsche, avrebbe dato da bere del veleno all’eros, che, pur non morendone, ne avrebbe tratto la spinta a degenerare in vizio. Con ciò il filosofo tedesco esprimeva una percezione molto diffusa: la Chiesa con i suoi comandamenti e divieti non ci rende forse amara la cosa più bella della vita? Non innalza forse cartelli di divieto proprio là dove la gioia, predisposta per noi dal Creatore, ci offre una felicità che ci fa pregustare qualcosa dal Divino?” (n.3) Questa prima annotazione effettivamente mette luce sul rischio di un’insistenza forse esagerata sulla sessualità e su una diffusa predicazione erronea. La Santa Madre Chiesa però non ha mai affermato che la sessualità sia negativa in sé, anzi in Gaudium et Spes 48 arriva ad affermare che gli sposi glorificano Dio e pregano nel momento in cui “pongono gli atti propri”. La sessualità è il linguaggio proprio con il quale un uomo e una donna possono dire di amarsi reciprocamente qualora le parole non arrivino più. Ma proprio qui sta l’importante rivalutazione della sessualità e dell’amore in sè! Si tratta di un linguaggio e come tale ha delle regole, una grammatica, la possibilità di essere usato male. Come ogni lingua necessita di tempo di apprendimento, di studio, di esercizio per arrivare ad essere padroneggiata, così il linguaggio dell’amore che è in assoluto il più universale e comprensibile, ma anche il più complesso e delicato. Non si può scegliere lo stile poetico per scrivere un manuale di storia, né tantomeno pretendere che un bambino di tre anni parli correttamente la propria lingua al livello di un laureato.

L’agape, con la novità di avere Gesù e il suo comportamento come modello, non esclude o condanna l’eros e la philia, ma le rivaluta e le ingloba in cerchi concentrici che si completano tra loro. Si tratta di diversi colori di uno stesso arcobaleno, di cui l’agape ne costituisce la parte essenziale. “L’eros ebbro ed indisciplinato non è ascesa, estasi verso il Divino, ma caduta, degradazione dell’uomo. Cos’ diventa evidente che l’eros ha bisogno di disciplina, di purificazione per donare all’uomo non il piacere di un istante, ma un certo pregustamento del vertice dell’essenza, di quella beatitudine a cui tutto il nostro essere tende” (n.4).

L’amore ha una connessione diretta con Dio e promette orizzonti nuovi di realizzazione, felicità, eternità, ma la via dell’istinto o del “tutto e subito”, come molte altre strade affini, non possono condurre a tale finalità. “Questo non è rifiuto dell’eros o suo avvelenamento” (n.5), ma una ricerca di maturità per vivere pienamente l’agape anche attraverso la via dell’eros che necessita di “purificazioni, maturazioni, guarigioni”, “ciò dipende innanzitutto dalla costituzione dell’essere umano, che è composto di corpo e di anima. L’uomo diventa veramente se stesso, quando corpo e anima si ritrovano in intima unità”. Troppo spesso si pensa di poter separare il corpo dall’anima, quasi sicuri di “non coinvolgersi”. Al di là del non poter sapere almeno se l’altro/a, in qualità di partner, possa “coinvolgersi” o meno, tale ragionamento resta difettoso caratterizzato da un modello di persona a compartimenti stagni. L’uomo e la donna sono persone nella sua unicità e unitarietà, dove non è possibile stabilire limiti definiti tra corpo, anima e mente… Così come un corpo mal nutrito inciderà sulla mente e sulla vita stessa della persona nella sua globalità, altrettanto accadrà per un’anima non alimentata e fortificata nell’amore. Inoltre l’eros non riguarda solo il corpo, così come la philia potrebbe riguardare solo le relazioni di amicizia a livello di dialogo e l’agape una certa spiritualizzazione dell’amore, ma eros-philia-agape, a diversi livelli, coinvolgono e coinvolgeranno sempre le persone nella loro totalità.

“Non sono né lo spirito né il corpo da soli ad amare: è l’uomo, la persona, che ama come creatura unitaria, di cui fanno parte corpo e anima”; “l’eros degradato a puro sesso diventa merce, una semplice cosa che si può comprare e vendere, l’uomo stesso diventa merce”; la fede cristiana, al contrario, ha considerato sempre l’uomo come una essere uni-duale, nel quale spirito e materia si compenetrano a vicenda sperimentando proprio così due ambedue una nuova nobilità. S’, l’eros vuole sollevarci in estasi verso il Divino, condurci al di là di noi stessi, ma proprio per questo richiede un cammino di ascesa, di rinunce, di purificazione e di guarigioni”.

In definitiva “l’amore comprende la totalità dell’esistenza in ogni sua dimensione [...] e mira all’eternità” (n.6), raggiungibile attraverso un “esodo permanente dall’io chiuso in se stesso verso la liberazione nel dono di sé”.

Eros, philia e agape hanno sicuramente diverse dimensioni, ma “non si lasciano mai separare completamente” (n.7), arrivando addirittura alla conclusione che c’è una dimensione di eros anche nell’amore divino per l’uomo, proprio di un “Dio che ama personalmente” (n.9).
Benedetto XVI
enciclica Deus Caritas est

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