martedì 15 novembre 2011

Il tesoro svelato

Dio disse: Io ero un tesoro che nessuno conosceva. Allora volli essere conosciuto. Per questo creai l'uomo. «Voglio avvicinarmi per osservare questo spettacolo straordinario: perché questo roveto brucia» senza consumarsi? (Esodo 3,3). Ed ecco, una voce si leva da quel fiammeggiare: “Io sono colui che sono!”» (3,14). Per secoli gli esegeti si sono accaniti su questa strana carta d'identità di Dio. Ogni decifrazione aveva forse un'anima di verità, ma alla fine rimaneva un cono d'ombra, un nucleo oscuro e segreto. È appunto il mistero divino, la sua “solitudine” che, certo, sboccia al suo interno nel dialogo trinitario, ma rimane nell'infinito della trascendenza, invalicabile a un piede estraneo, incomprensibile a orecchio esterno. Ma subito dopo quell'autodefinizione inaccessibile, ecco un'altra frase sorprendente: Mosè, di' agli Israeliti: «Io-Sono mi ha mandato a voi». Il Dio misterioso esce da sé stesso, parla, invia e libera. Questa storia di un'identità assoluta e perfetta che si apre e si comunica ha la sua genesi nella creazione, quando Dio, desiderando essere conosciuto, crea l'uomo, un interlocutore «di poco inferiore a lui» in grandezza e libertà (Salmo 8,6) e a lui si svela e rivela. Sono le parole di un famoso poeta austriaco, Hugo von Hofmannsthal (1874–1929), a evocare quell'istante iniziale supremo. Sono righe che appartengono al Libro degli amici di questo autore, amico del musicista Richard Strauss: è proprio in quell'atto divino primordiale che egli vede la genesi delle nostre amicizie genuine e del nostro amore. Anche noi apriamo il nostro segreto interiore per offrire i nostri tesori a chi amiamo. Per questo, l'amore autentico è la più alta prova dell'esistenza del vero Dio.

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