venerdì 31 dicembre 2010
Pulizie di fine anno
Come cambierebbe la nostra vita se per il 31 dicembre facessimo un bel pacco e ci mettessimo dentro tutti i parolai di questo mondo, quelli che si professano opinion leaders, quelli che hanno la pretesa di conoscere il nostro futuro e vendono consigli, i (falsi) profeti, i cosiddetti esperti e maestri di vita, ecc. e li spedissimo in vacanza su qualche altro pianeta? Se facessimo una bella pulizia nelle nostre case e nei nostri cuori e mettessimo tutte le cose al posto giusto? E se restituissimo il posto che spetta a nostro Signore? Certamente Lui arriverebbe, e non verrebbe a mani vuote, ma come ogni Padre che va a trovare l’amato figlio porterebbe con se tanti doni: cose buone, sane, genuine, di casa!!! Porterebbe Amore, Pace, Benedizione, Guarigione, liberazione ed altro ancora.
mercoledì 29 dicembre 2010
Interruzione di schema
Primo racconto.
Un signore di nome John stava parcheggiando la macchina per entrare in farmacia. Visto un posto libero inizia la manovra per entrarvi quando d’improvviso spunta una macchina che lo sorpassa e prende il suo posto. Poi scende un uomo che gli passa davanti senza degnarlo di uno sguardo ed entra in farmacia.
John, sorpreso e quasi incredulo per quanto gli è successo, sente dentro di se una gran rabbia e la voglia di fermare quel tizio per dirgli quello che si merita.
Non basta. Trovato finalmente posto e parcheggiata la macchina vede ancora quell'uomo che uscendo dalla farmacia quasi lo urta.
Ora il nostro sventurato non ci vede più ed incomincia a sciorinare improperi contro i maleducati e gli arroganti. Il farmacista lo sente e gli dice: “ Ce l’ha con quel signore? Quel poveretto è venuto a prendere dei farmaci urgenti per la moglie ed il figlio che hanno avuto un grave incidente qua vicino!”
John è nuovamente sorpreso, non se l’aspettava, ed il rancore di prima si trasforma all’istante in pena per quello sventurato.
Secondo racconto.
Siamo sotto le feste natalizie ed andando al mercato Rosa incontra la sua lontana cugina Betty con la quale non ha mai avuto dei buoni rapporti perché questa si dimostrava sempre criticona e polemica nei suoi confronti. Quando Rosa la vede sente subito una stretta al cuore perché le ritorna il timore che Betty dopo i saluti ricominci ancora con le sue insopportabili critiche. Infatti succede proprio così. Ma stavolta Rosa è preparata: voleva essere gentile e per questo le serviva una strategia. Appena Betty dopo il saluto incomincia con quella che chiameremo la solita musica, Rosa le butta le braccia al collo e le dà un bacio. Betty si blocca, la guarda sorpresa, accenna ad un sorriso poi risponde all’abbraccio. Si lasciano augurandosi ogni bene per il Santo Natale.
In entrambi questi racconti si parte da una situazione di disagio ed emotivamente sgradevole, poi interviene un fatto capace di rovesciare completamente la situazione: John passa da furioso a comprensivo mentre Betty da antipatica passa ad un atteggiamento amorevole. In pratica è avvenuto quello che chiameremo “interruzione di schema”. Nel primo caso questa interruzione è avvenuta per cause esterne: il farmacista che racconta la storia vera di quello sventurato. Nel secondo caso l’interruzione è procurata in modo consapevole da Rosa che decide di non cadere nella routine solita e propone una cosa nuova: l’abbraccio che disarma completamente Betty.
Terzo racconto.
La mia amica Mara aveva un problema, ed era il suo rapporto con i dolci: era golosissima. Mi ha spiegato che quando per esempio faceva un giro in città e passava davanti ad una famosa pasticceria, dentro di lei si scatenava una vera e propria battaglia fra una parte che le diceva: vai dentro! E l’altra che diceva: devi resistere! Naturalmente andava sempre a finire che “vai dentro” l’aveva vinta. Non parliamo poi della risposta della bilancia e dei sensi di colpa conseguenti.
Dunque diventava urgente trovare una soluzione che funzionasse. Le ho chiesto se era obbligatorio per lei fare quella strada e lei mi ha risposto di no, la faceva solo per abitudine. Allora le ho chiesto che cosa sarebbe successo se lei, strategicamente, avesse deciso di non passare più davanti a quella pasticceria scegliendo di fare un altro percorso? E’ rimasta sorpresa dall’apparente banalità della domanda. Per farla breve da allora ha semplicemente cambiato il percorso e quello che per lei prima era un problema, almeno quello, è completamente sparito.
L’interruzione di schema può diventare, quando usata in modo sano, una vera e propria risorsa per uscire elegantemente da situazioni sgradevoli che apparentemente non presentano vie di uscita.
E’ una tecnica alle volte veramente divertente perché ci permette di prendere il controllo su tante circostanze che altrimenti, lasciandole libere, prendono il sopravvento e ci guidano dove vogliono loro.
Non ce l’ha insegnata anche Gesù quando ci ha detto di vincere il male con il bene?
L’interruzione di schema può essere metaforicamente paragonata anche al ferroviere che quando arriva a tutta velocità il treno, muove una leva, si spostano i binari, ed il treno è dirottato su altra direzione.
Un signore di nome John stava parcheggiando la macchina per entrare in farmacia. Visto un posto libero inizia la manovra per entrarvi quando d’improvviso spunta una macchina che lo sorpassa e prende il suo posto. Poi scende un uomo che gli passa davanti senza degnarlo di uno sguardo ed entra in farmacia.
John, sorpreso e quasi incredulo per quanto gli è successo, sente dentro di se una gran rabbia e la voglia di fermare quel tizio per dirgli quello che si merita.
Non basta. Trovato finalmente posto e parcheggiata la macchina vede ancora quell'uomo che uscendo dalla farmacia quasi lo urta.
Ora il nostro sventurato non ci vede più ed incomincia a sciorinare improperi contro i maleducati e gli arroganti. Il farmacista lo sente e gli dice: “ Ce l’ha con quel signore? Quel poveretto è venuto a prendere dei farmaci urgenti per la moglie ed il figlio che hanno avuto un grave incidente qua vicino!”
John è nuovamente sorpreso, non se l’aspettava, ed il rancore di prima si trasforma all’istante in pena per quello sventurato.
Secondo racconto.
Siamo sotto le feste natalizie ed andando al mercato Rosa incontra la sua lontana cugina Betty con la quale non ha mai avuto dei buoni rapporti perché questa si dimostrava sempre criticona e polemica nei suoi confronti. Quando Rosa la vede sente subito una stretta al cuore perché le ritorna il timore che Betty dopo i saluti ricominci ancora con le sue insopportabili critiche. Infatti succede proprio così. Ma stavolta Rosa è preparata: voleva essere gentile e per questo le serviva una strategia. Appena Betty dopo il saluto incomincia con quella che chiameremo la solita musica, Rosa le butta le braccia al collo e le dà un bacio. Betty si blocca, la guarda sorpresa, accenna ad un sorriso poi risponde all’abbraccio. Si lasciano augurandosi ogni bene per il Santo Natale.
In entrambi questi racconti si parte da una situazione di disagio ed emotivamente sgradevole, poi interviene un fatto capace di rovesciare completamente la situazione: John passa da furioso a comprensivo mentre Betty da antipatica passa ad un atteggiamento amorevole. In pratica è avvenuto quello che chiameremo “interruzione di schema”. Nel primo caso questa interruzione è avvenuta per cause esterne: il farmacista che racconta la storia vera di quello sventurato. Nel secondo caso l’interruzione è procurata in modo consapevole da Rosa che decide di non cadere nella routine solita e propone una cosa nuova: l’abbraccio che disarma completamente Betty.
Terzo racconto.
La mia amica Mara aveva un problema, ed era il suo rapporto con i dolci: era golosissima. Mi ha spiegato che quando per esempio faceva un giro in città e passava davanti ad una famosa pasticceria, dentro di lei si scatenava una vera e propria battaglia fra una parte che le diceva: vai dentro! E l’altra che diceva: devi resistere! Naturalmente andava sempre a finire che “vai dentro” l’aveva vinta. Non parliamo poi della risposta della bilancia e dei sensi di colpa conseguenti.
Dunque diventava urgente trovare una soluzione che funzionasse. Le ho chiesto se era obbligatorio per lei fare quella strada e lei mi ha risposto di no, la faceva solo per abitudine. Allora le ho chiesto che cosa sarebbe successo se lei, strategicamente, avesse deciso di non passare più davanti a quella pasticceria scegliendo di fare un altro percorso? E’ rimasta sorpresa dall’apparente banalità della domanda. Per farla breve da allora ha semplicemente cambiato il percorso e quello che per lei prima era un problema, almeno quello, è completamente sparito.
L’interruzione di schema può diventare, quando usata in modo sano, una vera e propria risorsa per uscire elegantemente da situazioni sgradevoli che apparentemente non presentano vie di uscita.
E’ una tecnica alle volte veramente divertente perché ci permette di prendere il controllo su tante circostanze che altrimenti, lasciandole libere, prendono il sopravvento e ci guidano dove vogliono loro.
Non ce l’ha insegnata anche Gesù quando ci ha detto di vincere il male con il bene?
L’interruzione di schema può essere metaforicamente paragonata anche al ferroviere che quando arriva a tutta velocità il treno, muove una leva, si spostano i binari, ed il treno è dirottato su altra direzione.
Vegliate e pregate
Queste parole, che ritroviamo spesso nel Vangelo, ci rimandano ad un aspetto fondamentale della vita cristiana: la vigilanza.
Vivere nella vigilanza è avere davanti la meta, tenere lo sguardo fisso su di essa, orientando e finalizzando ad essa tutto quanta si vive nel presente, è apertura del cuore, ricerca continua: per questo Gesù spesso unisce l'esortazione alla vigilanza con la preghiera ("vegliate e pregate") perchè ciò che sostiene il nostro vegliare è l'avere il cuore rivolto a Dio.
L'uomo diviene ciò che desidera: chi attende Cristo diventa, già nell'attesa, partecipe della sua stessa vita.
La vigilanza non è, infatti, finalizzata solo agli ultimi tempi, ma è un atteggiamento, una disposizione del cuore che si prepara giorno dopo giorno.
delle Sorelle Clarisse, da "La Voce della Verna"
martedì 28 dicembre 2010
Omnia munda mundis
Condivido con voi un po’ di genesi di quest’immagine, ma soprattutto un episodio emblematico e particolare che avvenne qualche anno fa, mentre evangelizzando, all’interno di una missione di primo annuncio, mi trovai a consegnare questo volantino in una sede televisiva.
Nel santino dell’ordinazione sacerdotale misi proprio questa foto che ritrae un Gesù Risorto che abbraccia un giovane in blue-jeans con il martello e i chiodi in mano, sostenendolo sotto le braccia perché in fin di vita (lo vedete nella foto).
Quest’immagine mi è molto cara, l’abbiamo ricevuta nella Comunità Nuovi Orizzonti nell’anno 2000 in dono da un ragazzo del’Operazione Mato Grosso e da quel giorno è divenuta per noi molto significativa… Nella missione di evangelizzazione di strada a Verona nel 2002 l’abbiamo utilizzata per la prima volta come volantino ed avevo aggiunto questa frase sotto di essa: “Gesù non ci condanna mai, anche quando abbiamo i chiodi e il martello tra le mani”. Questo “moderno” santino si è rapidamente diffuso ovunque e con gioia lo trovo in diverse parti utilizzato ma soprattutto ho sempre riscontrato un effetto positivo su chi l’ha ricevuto.
Solo una volta ho ricevuto una spiazzante risposta che ora vi racconto…
Mi trovavo in una sede televisiva, precisamente in una redazione alquanto anticlericale. In quella settimana avevamo La Luce nella Notte e una missione in quella zona pertanto andammo ad invitare tutte le persone che incontravamo in quel territorio. Ovunque avevamo trovato accoglienza e dialogo, anche se spesso con persone con idee diverse… ricordo pomeriggi e le notti passate nei centri sociali, nei locali, alle fermate degli autobus davanti alle scuole, alle università, nei centri commerciali… incontri belli perchè caratterizzati da testimonianze, scambio di idee ed opinioni, ascolto reciproco, apertura e soprattutto da grandi miracoli operati dallo Spirito Santo in chi gli ha aperto una fessura nel cuore! Quando evangelizzare è amare, non si fa proselitismo, nè tantomeno terrorismo psicologico, ma si condivide e sempre ci si arricchisce reciprocamente.
Quel giorno invece, in quella redazione televisiva, mostrando il volantino con quest’immagine, ricevetti una risposta inaspettata. Con mio grande stupore, la presentatrice mi disse con aria da sfida: “Certo che di questi tempi non è molto prudente per voi sacerdoti andare in giro con un’immaginetta del genere…”
Chiesi il perché di tale affermazione. Non ci arrivai inizialmente… Mi rispose: “Questo Gesù sembra in un rapporto omosessuale”.
Ebbi l’immediatezza di ricordare le parole citate da Agostino nelle Confessioni prese da Tt 1,15 e le dissi: “Omnia munda mundis!”
Lei mi chiese cosa volesse dire…
Le tradussi la frase latina: “Tutto è puro per i puri!” – e aggiunsi – “Mi dispiace che lei veda questo. Ognuno misura con ciò che ha nel cuore! Un detto popolare afferma che l’uomo col proprio metro altrui misura!”
martedì 21 dicembre 2010
Le Preghiere dei Santi
"Poi venne un altro angelo e si fermò presso l'altare, reggendo un incensiere d'oro. Gli furono dati molti profumi, perché li offrisse, insieme alle preghiere di tutti i santi, sull'altare d'oro, posto davanti al trono. E dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme alle preghiere dei santi." Ap 8, 3-4
Com'è possibile che tutte le preghiere entrino a far parte del piano di Dio?
Queste preghiere, proprio così come sono, nella loro frammentarietà, nella loro imperfezione vengono perfezionate e rese quello che vorrebbero e dovrebbero essere. L'incenso dato dall'angelo esprime tale perfezionamento.
Questi santi siamo anche noi, il santo è colui che desidera vivere unito a Cristo: anche le nostre preghiere hanno lo scopo di affrettare la venuta del Regno!
Ci rendiamo conto dell'immenso valore che hanno agli occhi di Dio?
Le nostre preghiere, attraverso un'aggiunta misteriosa, arrivano a Dio diverse e migliori e raggiungono il loro scopo: la distruzione del male, prima nel nostro cuore e poi nel mondo.
Questo indica tal versetto: "Poi l'angelo prese l'incensiere, lo riempì del fuoco preso dall'altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono tuoni, voci, fulmini e scosse di terremoto" Ap 8, 5
Elisa Ordo Virginum
sabato 18 dicembre 2010
Dare amore - improvvisazione
Improvvisazione 1 – dare amore -
Ieri 17 dicembre era un giorno particolare per me: il mio compleanno. Quindi … giornata dei proponimenti. Ed il proponimento di base era di migliorare la mia capacità di dare amore al prossimo, in obbedienza al comando di Gesù.
Devo dire che un punto di criticità nel mio “dare amore” lo sono i mendicanti. So che è un grosso problema per tutti perché, oltre al sacrificio talvolta anche minimo del dare l’offerta, c’è il solito dubbio che chi ti allunga la mano sia solo un mestierante se non un esponente di un racket. Allora nasce il sacrosanto ragionamento del fare del bene si, ma in modo mirato.
Dunque ci sono le volte che mi sento “santo” e do l’offerta senza giudicare la persona; altre, quando prevale in me un raziocinio del resto suggerito da molti, chiudo il cuore e non do nulla. Ma non è così facile perché i questuanti quasi sempre insistono e sciorinano il loro repertorio ben collaudato e capace di mettere in crisi le anime più sensibili.
Tornando al discorso d’inizio e pensando ai mendicanti, il mio ragionare si è andato allargando, e mi sono detto: se sono chiamato a “dare amore” anche ai più piccoli, e che nel prossimo dobbiamo vedere Gesù, come posso dare loro amore senza sborsare nulla? Come posso sottrarmi ai loro “attacchi” perché alle volte proprio di attacchi si tratta e nello stesso tempo trasmettere a loro l’amore di Dio?
Questo è sempre stato per me un grosso problema. Qualcuno più esperto, magari con “doni diversi” sa gestire le cose in modo migliore e non escludo che ci possano essere soluzioni più opportune, ma non è il caso mio, almeno finora.
Detto per inciso, la solita frase del “vai alla Caritas” non funziona, perché sappiamo benissimo che molti di loro già ci vanno, ma che i sussidi della Caritas sono limitati e per in breve periodo di tempo. Per esempio, i buoni pasto sembra siano concessi per un massimo di due mesi all’anno.
Trasmettere l’amore di Dio è principalmente una questione di relazione alla quale deve corrispondere un “fare”. Se manca una delle due, trasmettiamo qualcos’altro, ma non amore. Dunque le cose si complicano.
Questione di relazione significa che l’altro deve sentirmi “fratello”, attento alla sua persona, e ai suoi bisogni. Io sono chiamato a vedere in lui Gesù, ma nello stesso tempo anche lui deve incontrare Gesù in me. Ma non basta distribuire attenzione e sorrisi e poi non dare nulla. Lo dice anche San Paolo.
Dunque che fare?
Improvvisazione 2 – La mendicante
Dicevo che il 17 dicembre, giorno del mio compleanno, è stato il giorno dei proponimenti per una crescita nella vita spirituale, e che il proponimento di base era di migliorare la mia capacità di dare amore al prossimo, in obbedienza al comando di Gesù.
Dicevo anche che il mio punto di criticità erano i mendicanti. Il mio “dunque che fare” lo avevo risolto nel decidermi per quel giorno di dare l’offerta ed un atteggiamento di accoglienza a tutti, senza giudicare. Mi sono detto che siamo sotto Natale, e che fra tredicesime ed altro circola qualche soldo in più. Noi siamo contenti quando riceviamo un regalino extra, perché non ricordaci anche di loro?
Le cose sono andate alla meglio tutta la mattina, e mi sono sentito soddisfatto di me. Poi è arrivata la sera e sono andato in parrocchia per la S. Messa serale. C’erano alcuni mendicanti che trattavano con il laico di turno all’entrata della chiesa ma non me ne sono dato carico perché non ero io di servizio. Sono entrato nel piccolo ufficio parrocchiale lì di fianco, e poi sono uscito. Sentivo un vociare ed i passi di una persona che si allontanava. Mi sono leggermente affacciato ed è stato un lampo: la zingara mi ha visto e con uno scatto è tornata indietro allungando la mano verso di me. Tengo a precisare che la conosco e che ha una “professionalità” sconcertante, direi quasi un carisma nell’abbordare la gente. Di lei si dicono tante cose, e fra queste che raccoglie una barca di soldi che le hanno permesso di costruire già tre case in Romania. Tutti questi pensieri mi sono piombati addosso all’improvviso, e la mia reazione è stata di protezione, cercando di evitare quella mano aperta che insistentemente mi veniva come fiondata davanti agli occhi. E più lei insisteva, più mi sottraevo e la allontanavo. E’ finita così: lei si è allontanata ed io sono andato alla S. Messa, cercando di combattere con i sensi di colpa che affioravano inesorabili. Avrei potuto sbarazzarmi di tutti questi problemi dandole 50 centesimi, ma non l’ho fatto. E la carità? Dove è finita? Il dare amore, l’incontro con Gesù? Il tutto era successo così in fretta che non ho nemmeno avuto il tempo di ragionare, ed ho agito di istinto.
Improvvisazione 3 – La fretta
Avrei potuto sbarazzarmi di tutti questi problemi con la zingara con soli 50 centesimi, ma non l’ho fatto.
E mi sono anche dimenticato del mio proponimento di migliorare la mia capacità di dare amore al prossimo, in obbedienza al comando di Gesù.
Come è stato possibile? Una delle risposte che mi sto dando è di ordine prettamente psicologico: che la fretta fa parecchi guai: si smette spesso di ragionare perché questo richiede il suo giusto tempo, e ci si accontenta di agire per istinto, nel modo che ci viene più congeniale in quel momento. C’è anche un proverbio che dice che “la gatta frettolosa fece i gattini ciechi” per rimarcare che le cose fatte troppo frettolosamente molte volte riescono male. Ne approfittano anche certi commercianti che “fanno fretta” agli acquirenti adducendo la scarsità delle scorte. In parole povere la fretta ha la capacità di mettere in black out il nostro cervello. Milton Erikson, il noto psichiatra usava il termine “shock sorpresa” per indicare il risultato di certi messaggi che avevano la capacità addirittura di mandare in trance le persone.
Quando le cose stanno così corriamo il rischio di restare perdenti e di oscurare tutti i nostri proponimenti. Ma allora come fare per uscire da questo circolo vizioso?
La risposta facile potrebbe essere: non avere fretta. Ma non è sempre possibile e comunque non basta.
Improvvisazione 4 – programmare l’istinto
Se la risposta alla fretta è l’agire per istinto, allora per evitare di combinare guai diventa importante “programmare” questo l’istinto, per fare si che, quando ci troveremo di fronte ad una certa situazione, si sappia già come agire in automatico e nel modo desiderato. Per ottenere questo sarà opportuno esercitarci a “prevedere” la situazione che riteniamo critica, individuare i comportamenti di risposta desiderati che chiameremo “risorse”, e vedere in anticipo con la nostra immaginazione lo svolgersi, come in un film, della situazione nel modo desiderato.
E’ chiaro che questo approccio al problema vuole essere di tipo “evolutivo” nel senso che le nostre risorse non devono rimanere statiche, ma possono, anzi devono sempre più allargarsi al fine di essere sempre più adatte alle varie situazioni che ci troviamo ad affrontare.
Improvvisazione 5 – conclusione
Dunque, ecco il mio errore: ho fatto un proponimento bello, santo, buono quanto si voglia, ma mi sono fermato lì, dimenticandomi di programmare i miei futuri comportamenti.
Ieri 17 dicembre era un giorno particolare per me: il mio compleanno. Quindi … giornata dei proponimenti. Ed il proponimento di base era di migliorare la mia capacità di dare amore al prossimo, in obbedienza al comando di Gesù.
Devo dire che un punto di criticità nel mio “dare amore” lo sono i mendicanti. So che è un grosso problema per tutti perché, oltre al sacrificio talvolta anche minimo del dare l’offerta, c’è il solito dubbio che chi ti allunga la mano sia solo un mestierante se non un esponente di un racket. Allora nasce il sacrosanto ragionamento del fare del bene si, ma in modo mirato.
Dunque ci sono le volte che mi sento “santo” e do l’offerta senza giudicare la persona; altre, quando prevale in me un raziocinio del resto suggerito da molti, chiudo il cuore e non do nulla. Ma non è così facile perché i questuanti quasi sempre insistono e sciorinano il loro repertorio ben collaudato e capace di mettere in crisi le anime più sensibili.
Tornando al discorso d’inizio e pensando ai mendicanti, il mio ragionare si è andato allargando, e mi sono detto: se sono chiamato a “dare amore” anche ai più piccoli, e che nel prossimo dobbiamo vedere Gesù, come posso dare loro amore senza sborsare nulla? Come posso sottrarmi ai loro “attacchi” perché alle volte proprio di attacchi si tratta e nello stesso tempo trasmettere a loro l’amore di Dio?
Questo è sempre stato per me un grosso problema. Qualcuno più esperto, magari con “doni diversi” sa gestire le cose in modo migliore e non escludo che ci possano essere soluzioni più opportune, ma non è il caso mio, almeno finora.
Detto per inciso, la solita frase del “vai alla Caritas” non funziona, perché sappiamo benissimo che molti di loro già ci vanno, ma che i sussidi della Caritas sono limitati e per in breve periodo di tempo. Per esempio, i buoni pasto sembra siano concessi per un massimo di due mesi all’anno.
Trasmettere l’amore di Dio è principalmente una questione di relazione alla quale deve corrispondere un “fare”. Se manca una delle due, trasmettiamo qualcos’altro, ma non amore. Dunque le cose si complicano.
Questione di relazione significa che l’altro deve sentirmi “fratello”, attento alla sua persona, e ai suoi bisogni. Io sono chiamato a vedere in lui Gesù, ma nello stesso tempo anche lui deve incontrare Gesù in me. Ma non basta distribuire attenzione e sorrisi e poi non dare nulla. Lo dice anche San Paolo.
Dunque che fare?
Improvvisazione 2 – La mendicante
Dicevo che il 17 dicembre, giorno del mio compleanno, è stato il giorno dei proponimenti per una crescita nella vita spirituale, e che il proponimento di base era di migliorare la mia capacità di dare amore al prossimo, in obbedienza al comando di Gesù.
Dicevo anche che il mio punto di criticità erano i mendicanti. Il mio “dunque che fare” lo avevo risolto nel decidermi per quel giorno di dare l’offerta ed un atteggiamento di accoglienza a tutti, senza giudicare. Mi sono detto che siamo sotto Natale, e che fra tredicesime ed altro circola qualche soldo in più. Noi siamo contenti quando riceviamo un regalino extra, perché non ricordaci anche di loro?
Le cose sono andate alla meglio tutta la mattina, e mi sono sentito soddisfatto di me. Poi è arrivata la sera e sono andato in parrocchia per la S. Messa serale. C’erano alcuni mendicanti che trattavano con il laico di turno all’entrata della chiesa ma non me ne sono dato carico perché non ero io di servizio. Sono entrato nel piccolo ufficio parrocchiale lì di fianco, e poi sono uscito. Sentivo un vociare ed i passi di una persona che si allontanava. Mi sono leggermente affacciato ed è stato un lampo: la zingara mi ha visto e con uno scatto è tornata indietro allungando la mano verso di me. Tengo a precisare che la conosco e che ha una “professionalità” sconcertante, direi quasi un carisma nell’abbordare la gente. Di lei si dicono tante cose, e fra queste che raccoglie una barca di soldi che le hanno permesso di costruire già tre case in Romania. Tutti questi pensieri mi sono piombati addosso all’improvviso, e la mia reazione è stata di protezione, cercando di evitare quella mano aperta che insistentemente mi veniva come fiondata davanti agli occhi. E più lei insisteva, più mi sottraevo e la allontanavo. E’ finita così: lei si è allontanata ed io sono andato alla S. Messa, cercando di combattere con i sensi di colpa che affioravano inesorabili. Avrei potuto sbarazzarmi di tutti questi problemi dandole 50 centesimi, ma non l’ho fatto. E la carità? Dove è finita? Il dare amore, l’incontro con Gesù? Il tutto era successo così in fretta che non ho nemmeno avuto il tempo di ragionare, ed ho agito di istinto.
Improvvisazione 3 – La fretta
Avrei potuto sbarazzarmi di tutti questi problemi con la zingara con soli 50 centesimi, ma non l’ho fatto.
E mi sono anche dimenticato del mio proponimento di migliorare la mia capacità di dare amore al prossimo, in obbedienza al comando di Gesù.
Come è stato possibile? Una delle risposte che mi sto dando è di ordine prettamente psicologico: che la fretta fa parecchi guai: si smette spesso di ragionare perché questo richiede il suo giusto tempo, e ci si accontenta di agire per istinto, nel modo che ci viene più congeniale in quel momento. C’è anche un proverbio che dice che “la gatta frettolosa fece i gattini ciechi” per rimarcare che le cose fatte troppo frettolosamente molte volte riescono male. Ne approfittano anche certi commercianti che “fanno fretta” agli acquirenti adducendo la scarsità delle scorte. In parole povere la fretta ha la capacità di mettere in black out il nostro cervello. Milton Erikson, il noto psichiatra usava il termine “shock sorpresa” per indicare il risultato di certi messaggi che avevano la capacità addirittura di mandare in trance le persone.
Quando le cose stanno così corriamo il rischio di restare perdenti e di oscurare tutti i nostri proponimenti. Ma allora come fare per uscire da questo circolo vizioso?
La risposta facile potrebbe essere: non avere fretta. Ma non è sempre possibile e comunque non basta.
Improvvisazione 4 – programmare l’istinto
Se la risposta alla fretta è l’agire per istinto, allora per evitare di combinare guai diventa importante “programmare” questo l’istinto, per fare si che, quando ci troveremo di fronte ad una certa situazione, si sappia già come agire in automatico e nel modo desiderato. Per ottenere questo sarà opportuno esercitarci a “prevedere” la situazione che riteniamo critica, individuare i comportamenti di risposta desiderati che chiameremo “risorse”, e vedere in anticipo con la nostra immaginazione lo svolgersi, come in un film, della situazione nel modo desiderato.
E’ chiaro che questo approccio al problema vuole essere di tipo “evolutivo” nel senso che le nostre risorse non devono rimanere statiche, ma possono, anzi devono sempre più allargarsi al fine di essere sempre più adatte alle varie situazioni che ci troviamo ad affrontare.
Improvvisazione 5 – conclusione
Dunque, ecco il mio errore: ho fatto un proponimento bello, santo, buono quanto si voglia, ma mi sono fermato lì, dimenticandomi di programmare i miei futuri comportamenti.
lunedì 13 dicembre 2010
S. Giovanni della Croce
Giovanni (nato a Fontiveros -Spagna- nell'anno 1542 - morto a Ubeda, 14 dicembre 1591) è fra i grandi maestri e testimoni dell' esperienza mistica. Entrato nel Carmelo ebbe un' accurata formazione umanistica e teologica. Condivise con santa Teresa d'Avila il progetto di riforma dell' Ordine Carmelitano che attuò e visse con esemplare coerenza. Il Signore permise che subisse dolorose incomprensioni da parte dei confratelli di Ordine e di Riforma. In questo cammino di croce, abbracciato per puro amore, ebbe le più alte illuminazioni mistiche di cui è cantore e dottore nelle sue opere: "La salita al monte Carmelo", "La notte oscura dell 'anima ", "Il cantico spirituale " e "La fiamma viva di amore ". Fra le più alte voci della lirica spagnola, è il mistico "del nulla e del tutto" : l'uomo deve rinunciare a tutto, per poi riavere, per grazia, tutto da Dio. L'anima raggiunge tale stadio affrontando in particolare due "notti" : la notte dei sensi, con cui viene liberata dall'attaccamento disordinato alle cose sensibili, e la notte dello spirito, con cui viene liberata dalle false certezze e dai falsi assoluti dell' intelligenza : per arrivare all’unione con Dio, l'uomo vecchio deve morire a se stesso e rinascere in Cristo.
tratto dal Messalino dell' Editrice Shalom
domenica 12 dicembre 2010
Dal barbiere
Un uomo va dal barbiere per farsi tagliare barba e capelli. Come sempre, i due si mettono a chiacchierare di questo e quello, finché - commentando un articolo di giornale sui bambini di strada - il barbiere dice:
- Come vede, questo dramma mostra che Dio non esiste. Lei non legge i giornali? Ci sono un sacco di persone che soffrono, bimbi abbandonati, così tanti crimini... Se Dio esistesse, non ci sarebbe tutta questa sofferenza.
- Sa una cosa? - replica l'altro - i barbieri non esistono.
- Come sarebbe a dire? Io sono qui e sono un barbiere.
- Non esistono! - insiste il cliente - se infatti esistessero, non ci sarebbe tutta quella gente che va in giro con la barba incolta e i capelli lunghi.
- Le posso garantire che i barbieri esistono; è solo che quella gente non li va mai a trovare.
- Appunto! Pertanto, in risposta alla sua affermazione, esiste anche Dio. E' solo che molte persone non vanno da lui; se lo facessero, sarebbero più generose e non ci sarebbe tanta miseria nel mondo.
lunedì 6 dicembre 2010
Sei ragazzi in Terrasanta
I ragazzi del liceo a spasso sulle orme del Vangelo in Terrasanta, fra Israele e Palestina, seguiti passo passo dalle telecamere. Cinque ragazzi fra i 15 e i 18 anni guidati dal giovane conduttore Manolo Martini che, pieni di entusiasmo, si lanciano in un’avventura fra scenari mozzafiato, incontri toccanti e letture della Parola di Cristo. La cosa che sorprende di più è che un programma così innovativo come 6 in cammino vada in onda su una rete tutta cartoni animati come il canale digitale gratuito per l’infanzia Boing.
«Il programma vuole trasmettere un’esperienza vera di ragazzi veri, anzi è un antireality show – spiega Jaime Ondarza, amministratore delegato di Boing –. Saranno i ragazzi stessi a condividere con il pubblico la loro esperienza di vita in modo spontaneo e non a caso, la telecamera ogni giorno sarà affidata a uno di loro». Da una parte, quindi, c’è il viaggio vero e proprio, la scoperta di Gerusalemme e di Nazareth, del Lago di Tiberiade e del fiume Giordano guidati da Manolo Martini, già volto di Trebisonda e di molti eventi fra cui l’incontro nazionale dell’Azione Cattolica in piazza San Pietro. Dall’altra, aggiunge Ondarza, «c’è l’aspetto della riflessione e della spiritualità, che non si rivolge solo ai credenti, ma a tutti. Ogni tappa del percorso è legata alla lettura di un episodio del Nuovo Testamento fatta dagli stessi ragazzi. Gli adolescenti sono molto più profondi di quanto pensiamo». I giovani, inoltre incontrano anche famiglie locali, operatori sociali, loro coetanei, gestori di kibbutz, religiosi cattolici, ma anche ebrei e musulmani.
Ma come mai un programma così "atipico" in una tv di intrattenimento? «In quanto canale gratuito ci sentiamo servizio pubblico e quindi abbiamo presente la nostra responsabilità sociale verso le famiglie. Ecco, è giunto il momento di fare qualcosa di più. Riteniamo importante dare al pubblico un contenuto più spirituale, legato alla tradizione cristiana e cattolica italiana. Se piacerà, vorremmo continuare con altri speciali sull’India e sull’Africa».
dall'Avvenire
giovedì 2 dicembre 2010
Atto di Amore
Ti amo, mio Dio, e il mio desiderio
é di amarti fino all’ultimo respiro della mia vita.
Ti amo, o Dio infinitamente amabile,
e preferisco morire amandoti,
piuttosto che vivere un solo istante senza amarti.
Ti amo, Signore, e l’unica grazia che ti chiedo
è di amarti eternamente.
Ti amo, mio Dio, e desidero il cielo,
soltanto per avere la felicità di amarti perfettamente.
Mio Dio, se la mia lingua non può dire ad ogni istante: ti amo,
voglio che il mio cuore te lo ripeta ogni volta che respiro.
Ti amo, mio divino Salvatore, perché sei stato crocifisso per me,
e mi tieni quaggiù crocifisso con te.
Mio Dio, fammi la grazia di morire amandoti
e sapendo che ti amo.
di San Giovanni M. Vianney - Curato D'Ars
di San Giovanni M. Vianney - Curato D'Ars
martedì 30 novembre 2010
Papà, vedi Dio?
[…] Qualche giorno fa ho trovato una lettera di un genitore alquanto interessante per una riflessione. Riporto alcune espressioni:
"Papà, vedi Dio?" Così capisco che e' ora di cominciare un discorso difficile con mia figlia di sei anni. I nonni I'hanno iniziata ai concetti di Dio, Gesu', Madonna, e soprattutto cosa accade dopo la morte. Colpa mia (e di mia moglie)? lo, nato cattolico e catechizzato a dovere, penso che I'insegnamento della religione ai bambini e' imposto, quasi vigliaccamente. Facile affascinare la mente di un bambino con il regno dei cieli. L'alternativa non e' altrettanto attraente. Pero' nessuno e' mai tomato a raccontarci com'è e se qualcuno lo sostenesse non sarebbe creduto. Vorrei che le mie figlie si accostassero alia religione in modo autonomo. Se avranno fede, saranno felici di credere. Se, come me non la hanno, vivranno ugualmente bene. Non voglio creare dei credenti per inerzia, che vanno in chiesa un paio di volte I'anno per abitudine, o per scaramanzia".
"Papà, vedi Dio?" Così capisco che e' ora di cominciare un discorso difficile con mia figlia di sei anni. I nonni I'hanno iniziata ai concetti di Dio, Gesu', Madonna, e soprattutto cosa accade dopo la morte. Colpa mia (e di mia moglie)? lo, nato cattolico e catechizzato a dovere, penso che I'insegnamento della religione ai bambini e' imposto, quasi vigliaccamente. Facile affascinare la mente di un bambino con il regno dei cieli. L'alternativa non e' altrettanto attraente. Pero' nessuno e' mai tomato a raccontarci com'è e se qualcuno lo sostenesse non sarebbe creduto. Vorrei che le mie figlie si accostassero alia religione in modo autonomo. Se avranno fede, saranno felici di credere. Se, come me non la hanno, vivranno ugualmente bene. Non voglio creare dei credenti per inerzia, che vanno in chiesa un paio di volte I'anno per abitudine, o per scaramanzia".
Davvero inquietante questo modo di pensare, però sempre più diffuso, che coinvolge famiglie giovani e i loro figli. Difficile discuterne quando si è convinti che si può vivere bene anche senza fede, senza mai conoscere e incontrare Colui che ti ha voluto e ti ha cercato e amato ancor prima di essere formato nel grembo della mamma. Senza sapere che Dio non si accosta in modo autonomo, ma e Lui che ci cerca e ci avvolge con il suo abbraccio. "Lasciate che i bambini vengano a me". Questi bambini di oggi "orfani" di Dio portano incredibilmente i segni di questi vuoti d'amore. Questi bambini, non ancora contaminati dalla razionalità e dal materialismo, sono attratti dal
sono attratti dal regno dei cieli, perchè è per loro, fatto su loro misura ("Chi non diventerà come questo bambino non entrerà nel regno"). Farglielo sapere non è una "vigliaccata", ma un atto di amore grande. E' inquietante questo vuoto di Dio nelle giovani famiglie. Vivo in un convento, accanto ad un santuario dedicate a Santa Maria delle grazie.
Recentemente negli spazi del convento è stata ospitatà una scuola di danza. Passano davanti alla porta del santuario centinaia tra mamme e
I bambini: non ho mai visto nessuno affacciarsi nemmeno per curiosità. Una bella scuola di danza è utile, una preghiera è tempo perso! Se non sappiamo dove investire le nostre forze per fare dell'apostolato, basta che ci guardiamo attorno, non occorre andare troppo lontano.
tratto dal numero di novembre del "Cavaliere dell'Immacolata"
giovedì 25 novembre 2010
Lettera ad un figlio
Figlio mio,
quando ti sei svegliato questa mattina ti ho osservato ed ho sperato che tu mi rivolgessi la parola, anche solo poche parole, chiedendo la mia opinione, ringraziandomi per qualcosa di buono che era accaduto ieri...
Però ho notato che eri molto occupato a cercare il vestito giusto da metterti per andare a lavorare. Ho continuato ad aspettare ancora mentre correvi per la casa per vestirti e sistemarti e io sapevo che avresti avuto del tempo, anche solo qualche minuto e dirmi "ciao"...
...però eri troppo occupato...
Per questo ho acceso per te il cielo, l'ho riempito di colori e di dolci canti di uccelli per vedere se così mi ascoltavi, però nemmeno di questo ti sei reso conto.
Ti ho osservato mentre ti dirigevi al lavoro e ti ho aspettato pazientemente tutto il giorno. Con tutte le cose che avevi da fare, suppongo che tu sia stato troppo occupato per dirmi qualcosa.
Al tuo rientro ho visto la tua stanchezza e ho pensato di farti bagnare un pò perché l'acqua si portasse via il tuo stress.
Pensavo di farti un piacere perché così tu avresti pensato un pò a me, ma ti sei infuriato ed hai offeso il mio nome; io desideravo tanto che tu mi parlassi, c'era ancora tanto tempo...
Dopo hai acceso il televisore, io ho aspettato pazientemente, mentre guardavi la tv, hai cenato e ti sei dimenticato ancora di parlare con me... non mi hai rivolto il minimo pensiero...
Ho notato che eri stanco e ho compreso il tuo desiderio di silenzio e così ho oscurato lo splendore del cielo, ho acceso una candela, in verità era bellissimo ma tu non eri interessato a vederlo...
Al momento di dormire credo che tu fossi distrutto, così dopo aver dato la "buonanotte" alla famiglia sei caduto sul letto e quasi immediatamente ti sei addormentato...
Ho accompagnato il tuo sonno con una musica, i miei animali notturni si sono illuminati; ma non importa perché forse non ti rendi nemmeno conto che io sono sempre lì per te...
Ho più pazienza di quanto non immagini.
Mi piacerebbe pure insegnarti ad avere pazienza con gli altri, Ti amo tanto che aspetto tutti i giorni una tua preghiera...il paesaggio che faccio è solo per te!!!
Bene, ti stai svegliando e ancora una volta io sono qui che aspetto senza niente altro che il mio Amore per te, sperando che almeno oggi tu possa dedicarmi un pò del tuo tempo...
Buona Giornata figliolo!
Tuo Papà...Dio
venerdì 19 novembre 2010
LA BOTTEGA DI DIO
Una notte ho sognato che in una via del mio quartiere era stata aperta una nuova bottega con l'insegna: "Dono di Dio".
Entrai e vidi un angelo dietro al banco.
Meravigliato, gli chiesi: "Che vendi, angelo bello?"
Mi rispose: "Ogni ben di Dio!".
"Fai pagare caro?"
"Fai pagare caro?"
"No, i doni di Dio sono tutti gratuiti".
Contemplai il grande scaffale con anfore d'amore, flaconi di fede, pacchi di speranza, scatole di salvezza, e così via.
Mi feci coraggio e poiché avevo un immenso bisogno di tutta quella mercanzia, chiesi all'angelo: "Dammi un bel po' d'amore di Dio, tutto il perdono, un cartoccio di fede e salvezza quanto basta!" L'angelo, gentile, mi preparò tutto sul bancone.
Rimasi sorpreso quando vidi che, di tutti i doni che avevo chiesto, l'angelo mi aveva fatto un piccolissimo pacco!
Esclamai: "Possibile, Tutto qui?"
Allora l'angelo, solenne, mi spiegò "Eh si, mio caro! Nella bottega di Dio non si vendono frutti maturi, ma soltanto piccoli semi da coltivare!".
giovedì 18 novembre 2010
Gesù Cristo Re dell’universo
Nell’ultima domenica dell’anno liturgico celebriamo la festa di Gesù Cristo re dell’universo: ma qual è la vera regalità di Gesù? Quella di chi ama, perdona, cerca la comunione con gli uomini suoi fratelli fino alla fine. È la regalità di un Messia che «regna dal legno», come amavano dire i padri della chiesa: solo sulla croce, infatti, viene posta sul suo capo l’iscrizione: «Questi è il re dei Giudei».
Gesù è appena stato ingiustamente crocifisso: lui, il Giusto (cf. Lc 23,47) – «colpevole» di aver narrato con la sua vita il volto di un Dio che è il Padre prodigo d’amore verso i peccatori (cf. Lc 15,11-32) e di aver reso Dio buona notizia per tutti gli uomini – è appeso a una croce in mezzo a due malfattori. Eppure, in questa situazione così ignominiosa Gesù non minaccia, non risponde con l’odio all’odio che gli viene scaricato addosso, ma ha la forza di pronunciare una parola inaudita: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno»…
Ma nemmeno questo suo gesto estremo e unilaterale, nemmeno questo suo modo scandaloso di mostrare come Dio regna su di lui vengono compresi. Se è vero che il popolo «contempla» Gesù in croce – questa è infatti l’unica autentica contemplazione cristiana (cf. Lc 23,48)! –, «lo scandalo della croce» (Gal 5,11) suscita però ulteriore derisione e disprezzo: i capi religiosi di Israele e i romani scherniscono Gesù. Di più, essi lo provocano, mettendo in discussione la sua stessa vocazione: «Se tu sei il re dei Giudei, il Messia di Dio, salva te stesso scendendo dalla croce!». Gesù è tentato come lo era stato all’inizio del suo ministero pubblico per opera di Satana: «Se tu sei il Figlio di Dio…» (Lc 4,3.9).
Ma ancora una volta Gesù rinuncia a vivere per se stesso, a chiedere a Dio di intervenire con il miracolo straordinario che costringerebbe gli uomini a seguirlo come un potente di questo mondo. Egli accetta di perdere la propria vita, sceglie di compiere fedelmente la volontà di Dio, continuando a comportarsi fino alla morte in obbedienza a Dio: non che il Padre volesse vederlo patire sulla croce, ma Gesù comprende che l’obbedienza alla volontà di Dio, volontà che chiede di vivere l’amore fino all’estremo, esige una vita di giustizia e di amore anche a costo della morte violenta. Sì, Gesù rinuncia a salvare se stesso, ed è solo grazie a questo suo comportamento che egli ha l’autorevolezza per affermare: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per me, la salverà» (Lc 9,24)…
Anche uno dei due malfattori insulta Gesù, vedendo frustrate le proprie pretese: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». L’altro invece, il cosiddetto «buon ladrone», mostra di aver compreso quale sia la signoria di Gesù: opera la correzione fraterna, rimproverando l’altro condannato; ammette il male che ha commesso e ne accetta le conseguenze; riconosce l’innocenza di Gesù e si rivolge a lui con la preghiera, confessandone la regalità escatologica: «Gesù, ricordati di me, quando verrai nel tuo Regno». Egli è l’immagine dei credenti e della chiesa che, nella storia, sono chiamati a testimoniare la regalità di Cristo condividendo le sofferenze del Crocifisso, invocando la venuta del Regno, e attendendo il Veniente nella gloria.
A lui Gesù rivolge la parola che tutti noi vorremmo sentire nel nostro ultimo giorno: «Oggi sarai con me nel paradiso». Sì, questa è una promessa riservata a tutta l’umanità, anche ai malvagi e ai peccatori: dipende da ciascuno di noi accoglierla, accettando di perdere la nostra vita per Gesù Cristo, il Messia che regna dalla croce, cioè di amare lui al di sopra di ogni nostro amore e di spendere la nostra vita per i fratelli nella giustizia e nell’amore.
Enzo Bianchi, Priore del Monastero di Bose
martedì 16 novembre 2010
Famiglia, il luogo in cui si impara ad amare
Cellula originaria della società e "Chiesa domestica" (Lumen gentium, n. 11), la famiglia costituisce il primo ambito naturale della maturazione umana e cristiana delle nuove generazioni, formandole ai valori cristiani dell'onestà e della fedeltà, dell'operosità e della fiducia nella Divina Provvidenza, dell'ospitalità e della solidarietà; oggi, quindi, ha bisogno di un sostegno particolare per resistere alle minacce disgreganti della cultura individualista.
Inoltre, non si insiste mai abbastanza sul valore insostituibile della donna nel focolare domestico: questa, dopo aver dato alla luce un bambino, è il punto di riferimento costante per la crescita umana e spirituale di questo nuovo essere. L'amore della madre nella famiglia è un dono prezioso, tesoro che si conserva per sempre nel cuore.
Non possiamo dimenticare che la famiglia deve testimoniare i suoi valori dinanzi a sé e alla società. I compiti che Dio invita a svolgere nella storia nascono dallo stesso disegno originale e rappresentano il suo sviluppo dinamico ed esistenziale. I coniugi devono essere i primi a testimoniare la grandezza della vita coniugale e familiare, fondata sulla fedeltà all'impegno assunto dinanzi a Dio.
Grazie al Sacramento del Matrimonio, l'amore umano acquista valore soprannaturale, rendendo i coniugi capaci di partecipare allo stesso amore redentore di Cristo e a vivere come particella viva della santità della Chiesa. Questo amore, di per sé, si assume la responsabilità di contribuire alla generazione di nuovi figli di Dio.
Tuttavia, come imparare ad amare e a donarsi generosamente? Nulla induce tanto ad amare, diceva san Tommaso, come il sapersi amato. Ed è proprio la famiglia, comunione di persone dove regna l'amore gratuito, disinteressato e generoso, il luogo in cui si impara ad amare.
L'amore reciproco dei coniugi si prolunga nell'amore per i figli. La famiglia è in effetti, più di qualunque altra realtà umana, l'ambito in cui l'uomo è amato per se stesso e in cui impara a vivere "il dono sincero di sé".
La famiglia è quindi una scuola di amore, nella misura in cui persevera nella propria identità: la comunione stabile di amore fra un uomo e una donna, fondata sul matrimonio e aperta alla vita.
La famiglia è quindi una scuola di amore, nella misura in cui persevera nella propria identità: la comunione stabile di amore fra un uomo e una donna, fondata sul matrimonio e aperta alla vita.
Giovanni Paolo II
lunedì 15 novembre 2010
PREGHIERA NELLA LOTTA CONTRO LE TENTAZIONI
Signore, mio Dio,
nella mia lotta sii tu a lottare!
Sono un uomo fragile e debole,
oppresso dalle tentazioni, sedotto da suggestioni.
Vieni in mio aiuto, affrettati a soccorrermi!
L'amore di me stesso vuole dominarmi,
contraddicendo ogni mio desiderio di comunione.
Signore, tuo Figlio Gesù ha subito egli pure le tentazioni,
ha lottato contro il demonio e lo ha vinto
con la forza dello Spirito santo e della tua Parola.
Vieni in mio aiuto, affrettati a soccorrermi!
Questa battaglia non è contro gli uomini, contro gli altri,
ma contro le dominanti mondane, gli idoli falsi
che ammorbano l'aria che respiro:
senza la tua forza, io sono vinto.
Vieni in mio aiuto, affrettati a soccorrermi!
Dammi l'armatura per resistere e combattere,
la corazza della carità, l'elmo della speranza,
lo scudo della fede, la spada che è la tua Parola.
Signore, io so che Gesù è accanto a me nella lotta
e che con lui riporterò la vittoria su ogni insidia del Nemico.
Vieni in mio aiuto, affrettati a soccorrermi!
Padri del deserto (IV secolo)
venerdì 12 novembre 2010
Sulla Tua Parola
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca (Lc 17,26-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva. Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata». Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».
Commento al Vangelo
VANGELO - Il linguaggio di Gesù si fa difficile ed oscuro, eppure un messaggio risulta chiaro. Il giorno di Dio si manifesterà proprio come ai tempi di Noè: nessuno lo aspettava e tutti continuavano intenti nelle loro occupazioni, finchè il diluvio fece ricordare loro che la vita stessa è nelle mani di Dio. Egli viene a riprendersela come e quando vuole lui, senza chiederci nemmeno il permesso. Ecco perchè è necessario che tu viva in maniera estremamente impegnata il tuo presente: il tempo è un dono e non può essere sciupato. Ma nello stesso tempo, Dio ti invita a tenere sempre gli occhi fissi sulla meta, poichè sarebbe davvero sciocco correre ed affannarsi senza ricordare più nemmeno il motivo di tanto impegno. Egli cerca persone che vivano in pienezza, in attesa della sua visita.
tratto dal Messalino dell' Editrice Shalom
mercoledì 3 novembre 2010
Chiamati alla Santità
“Oh when the Saints go marching in,
oh when the Saints go marching in,
Lord I want to be in that number,
when the Saints go marching in”.
Sì, Signore, anche noi vogliamo essere nel numero dei Tuoi Santi e godere la gioia del Paradiso per tutta l’eternità!
Questo dovrebbe essere il nostro costante desiderio nel pellegrinaggio terreno, il “motore” del nostro cammino, la meta a cui tendere con impegno mentre soffriamo, combattiamo e speriamo su questa terra. E se tale desiderio non ci sfiora proprio o, al massimo, ci fa sorridere, non è forse perché la santità…ci sembra “roba dell’altro mondo”, qualcosa non solo di impossibile ma anche di ben poco allettante?
Diciamocelo onestamente: per noi la santità non è per i vivi ma per le statuine con le mani giunte che adornano le nostre chiese; è sinonimo di una vita noiosa e intrisa di dolore e penitenze; è una mission per super-eroi che compiono miracoli e prodigi…
Beh, se la pensiamo così…non solo non conosciamo le vite dei santi, uomini e donne in carne ed ossa proprio come noi…ma non abbiamo compreso neanche il Vangelo, non abbiamo accolto la Buona Notizia che Gesù è morto e risorto per la nostra salvezza, per donarci la vita in abbondanza, la vita vera, che inizia già qui…
Sì, qui ed ora, perché è possibile lasciarsi amare e plasmare dall’Amore di Dio, abbandonarsi fiduciosamente alla Sua Volontà e vivere da “protagonisti” i Suoi meravigliosi progetti, in qualunque condizione di vita…e lo attesta la grande schiera di nostri “fratelli maggiori” che si sono santificati nel matrimonio, nella vita consacrata, nel sacerdozio, nel fervoroso silenzio di un monastero di clausura o nella lotta coraggiosa ed appassionata per la verità e la giustizia, in missione nelle terre più lontane del Pianeta o nell’ordinarietà della propria casa…
E se nell’immaginario collettivo il “santo” è una persona tranquilla e remissiva, che sta in un angolino per quieto vivere…ci spiazza la Parola del Maestro: “Pensate che Io sia venuto a portare pace sulla terra? No, Io vi dico, ma divisione” (Lc 12,51), perché la Verità spazza via i compromessi, perché l’Amore non si “accontenta” di tiepidezza e mezze misure!
“Io faccio nuove tutte le cose – dice Dio – ma mi servo di uomini che sanno dirmi di sì; mi servo di qualche uomo coraggioso che si fa trovare pronto per me, perché io non dirigo servendomi di una bacchetta magica che trasforma il negativo. Non ho fulmini per sconfiggere i malvagi, ma mi servo di uomini santi che sanno interpretarmi, che hanno fiducia nella mia Parola; uomini che vogliono camminare con me sulle acque, senza avere paura.. Offro a tutti la possibilità e le occasioni per diventare santi. […] I miei consigli non sono impossibili; non sono al di là del mare, al di là delle montagne; sono vicini a te, alla portata del tuo cuore, se tu non vuoi ripiegarti su te stesso. […] Sto cercando santi per questo tempo. Su, fatevi avanti!” (Ernesto Olivero, Il sogno di Dio, p. 37-38).
Marianna Russo
del giornale Agire
del giornale Agire
venerdì 29 ottobre 2010
Sulla Tua Parola
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (Fil 1,1-11)
Paolo e Timòteo, servi di Cristo Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono a Filippi, con i vescovi e i diaconi: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.
Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi. Sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente. Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù.
È giusto, del resto, che io provi questi sentimenti per tutti voi, perché vi porto nel cuore, sia quando sono in prigionia, sia quando difendo e confermo il Vangelo, voi che con me siete tutti partecipi della grazia. Infatti Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per tutti voi nell’amore di Cristo Gesù.
E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 14,1-6)
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.
Commento alla prima lettura
Rendere grazie a Dio per le persone che si amano è davvero un bel modo di pregare. Ri-cordare i loro volti, le loro necessità e le loro pene, ed affidare tutto al Signore chiedendogli di benedirli uno per uno è davvero opera gradita agli occhi del Padre celeste. A volte, infatti, diamo per scontato che le persone che ci vivono accanto e con le quali abbiamo legami di affetto non abbiano bisogno del¬la nostra preghiera. Invece, è proprio da loro che bi¬sogna cominciare. Come potrai amare i tuoi nemici e pregare per loro, se non sai nemmeno cosa signifi¬chi amare cominciando da coloro che abitano la tua casa ed il tuo cuore? Impara ad affidare a Dio ed al suo amore previdente la tua famiglia, i tuoi colleghi ed amici, e chiedi per loro benedizioni e grazia.
Commento al Vangelo
Gesù prende per mano l'uomo malato e lo guarisce. Da un punto di vista pratico, il contatto tra il Signore e la persona non era assolutamente ne¬cessario: quante volte egli ha guarito malati persino a distanza, senza nemmeno vederli? Eppure, que¬sto gesto si carica di un significato di amore asso¬lutamente speciale. Di fronte all'ostilità dei farisei che trattano l'uomo semplicemente come un cavillo giuridico, Gesù vuole fargli sentire la sua compas¬sione e la sua misericordia, attraverso un gesto sem¬plicissimo ma carico di tanti significati. È un gesto che dice affetto e condivisione del dolore, ma anche speranza e presenza amica: magari fossimo in grado anche noi di moltiplicare, nella vita quotidiana, tali gesti semplici ma efficaci! Non avremmo bisogno di molte parole per far comprendere quanto è grande l’amore di Dio.
tratto dal Messalino dell' Editrice Shalom
lunedì 25 ottobre 2010
Ottobre Missionario
Ottobre missionario "per promuovere l'annuncio del Vangelo nel cuore di ogni persona, di ogni popolo, cultura, razza, nazionalità", è questo l'obiettivo che si prefigge il papa Benedetto per la Giornata Missionaria di quest’anno. Ma tale annuncio non è efficace se chi lo propone non è un testimone credibile nutrito "dalla preghiera, dalla meditazione della Parola di Dio e dallo studio delle verita di fede". Infatti "gli uomini del nostro tempo, magari inconsapevolmente, chiedono ai credenti non solo di 'parlare' di Gesù, ma di 'far vedere' Gesù in ogni angolo della terra davanti alle generazioni del nuovo millennio e specialmente davanti ai giovani di ogni continente, destinatari privilegiati e soggetti dell'annuncio evangelico".
E' stimolante, per noi, trarre da queste parole un vero e proprio programma per rivitalizzare ed attualizzare quella Milizia dell'Immacolata che san Massimiliano ha fondato la sera del 16 ottobre del 1917 e che lo Spirito Santo oggi ha consegnato alle nostre fragili mani. Non dimentichiamo che Padre Kolbe fu anche grande missionario. Durante il Pontificato di Pio XI, detto "il Papa delle Missioni", il Ministro Generale dell'Ordine Francescano Conventuale invitò i frati a dedicarsi ad opere missionarie, secondo lo spirito della Regola Francescana. Padre Massimiliano rispose immediatamente e nel 1930 parti per il Giappone dove fondò una piccola Citta dell'Immacolata, Mugenzai - No - Sono, indicando in tal modo la natura missionaria della Milizia. Ai suoi frati chiedeva di emettere un "quarto voto" che consisteva nell'essere pronti all'obbedienza ai superiori "senza riguardo a difficoltà e pericoli" (SK 402).
Noi sappiamo oggi che "la missione" non è una questione meramente geografica, la nostra Chiesa italiana, che ha sempre donato con generosità numerosi missionari a tutti i continenti, oggi annovera tra il suo clero sacerdoti di razze e culture diverse. Oggi è il nostro Paese, sempre più indifferente e lontano dalla religione, ad essere terra di missione. E la missione può essere definita una questione d'amore: l'amore folle di Dio Padre che vuole la felicità dei suoi figli e l'amore di chi si fa messaggero e testimone della tenera paternità di Dio. San Massimiliano, ai suoi frati lontani da Niepokalanow e dispersi a causa della guerra, raccomandava: "Cerchiamo di non desistere dall'attivita missionaria della conquista dei cuori all'Immacolata". E aggiungeva: "un solo atto d'amore perfetto fa rinascere l'anima" (SK 892) nostra e degli altri.
Testimone autentica di questa verità è certamente Madre Teresa di Calcutta, di cui ricordiamo i cento anni dalla nascita. A chi le chiedeva continuamente il perchè del suo vivere tra i poveri, i lebbrosi, i disperati, ripeteva: «Per amore di Dio». Non occorre andare troppo lontano per amarli.
tratto dal numero di ottobre del "Cavaliere dell'Immacolata"
mercoledì 20 ottobre 2010
Durante la preghiera
Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi.
Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla. (Gc 1,22.25)
Dall'aurora al tramonto
Dall'aurora io cerco te
fino al tramonto ti chiamo
ha sete solo di te
l'anima mia come terra deserta
Non mi fermerò un solo istante
sempre canterò la tua lode
perché sei il mio Dio
il mio riparo
mi proteggerai
all'ombra delle tue ali.
Dall'aurora io cerco te
fino al tramonto ti chiamo
ha sete solo di te
l'anima mia come terra deserta
Non mi fermerò un solo istante
io racconterò le tue opere
perché sei il mio Dio
unico bene
nulla mai potrà
la notte contro di me.
Dall'aurora io cerco te
fino al tramonto ti chiamo
ha sete solo di te
l'anima mia come terra deserta
ha sete solo di te
l'anima mia come terra deserta
sabato 16 ottobre 2010
La bicicletta gialla
Andrea aveva un solo grande desiderio: una bicicletta. La bicicletta gialla super-accessoriata che aveva visto in una vetrina della città.
Non se la poteva più togliere dalla mente.
Vedeva la bicicletta gialla nei sogni, nel caffelatte, nella figura di Carlo Magno che c'era sul libro di scuola.
Ma la mamma di Andrea aveva tante cose da pagare ancora e le spese aumentavano ogni giorno. Non poteva certo comprare una bicicletta costosa come quella sognata da Andrea.
Andrea conosceva le difficoltà della mamma e così decise di chiedere la bicicletta direttamente a Dio. Per Natale.
Tutte le sere Andrea cominciò ad aggiungere una frase alle sue preghiere:
"Ricordati di farmi avere la bicicletta gialla per Natale. Amen".
Ogni sera la mamma sentiva Andrea pregare per ottenere la bicicletta gialla e ogni sera scuoteva tristemente la testa.
La mamma sapeva che Natale sarebbe stato un giorno ben doloroso per Andrea. Non ci sarebbe stata la bicicletta e il bambino ne sarebbe stato mortalmente deluso.
Venne il giorno di Natale e naturalmente Andrea non ricevette nessuna bicicletta.
Alla sera, il bambino si inginocchiò come al solito accanto al lettino per dire le preghiere.
"Andrea - gli disse dolcemente la mamma - penso che sarai scontento, perché non hai ricevuto la bicicletta per Natale. Spero che tu non sia arrabbiato con Dio, perché non ha risposto alle tue preghiere".
Andrea guardò la mamma.
"Oh no, mamma. Io non sono arrabbiato con Dio. Ha risposto alle mie preghiere. Dio ha detto: No!"
tratto da: Bruno Ferrero, Cerchi nell'acqua, Elledici 1994
giovedì 7 ottobre 2010
Il Santo Rosario
L'origine storica del Rosario risale al Medioevo. Era quello un tempo in cui i salmi rappresentavano il punto di riferimento principale per chi pregava. Ma i salmi biblici rappresentavano un ostacolo insuperabile per tutti coloro che all'epoca non sapevano leggere, che erano i più. Si è così cercato un salterio adeguato alle loro esigenze e lo si è trovato nella preghiera mariana cui si aggiungevano i misteri della vita di Gesù Cristo, allineati, uno dopo l'altro, come grani di una collana.
In particolare nel 1200, san Domenico di Guzmàn, devotissimo della Madre di Dio e fondatore dell'Ordine dei Predicatori, per aiutare i poveri a vivere la fede, insegnò a meditare sui misteri della vita di Cristo recitando l'Ave Maria. Una preghiera per tutti, semplice ma profonda. Ha affermato Benedetto XVI: "Il Rosario è preghiera contemplativa accessibile a tutti: grandi e piccoli, laici e chierici, colti e poco istruiti. E’ vincolo spirituale con Maria per rimanere uniti a Gesù, per conformarsi a Lui, assimilarne i sentimenti e comportarsi come Lui si è comportato. Il Rosario è 'arma' spirituale nella lotta contro il male, contro ogni violenza, per la pace nei cuori, nelle famiglie, nella società e nel mondo".
Questa commemorazione è incitamento per tutti a meditare sui misteri della vita di Cristo attraverso il cuore di Colei che fu associata in modo tutto speciale all'Incarnazione, alla Passione e alla Risurrezione del Figlio di Dio.
tratto dal Messalino dell' Editrice Shalom
martedì 5 ottobre 2010
Il dolce rimprovero
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». (Lc 10,38-42)
C'è un dolce rimprovero in queste parole di Gesù nei confronti di Marta; lei vuole offrire, come sempre, la migliore accoglienza al Signore. Evidentemente si sente onorata di averlo come ospite nella sua casa ed è quindi normale che si preoccupi e si agiti per molte cose. Quale donna, innamorata di Cristo, non lo farebbe. È molto probabile che il suo affaccendarsi derivi dalla voglia di preparare un buon pranzo al Signore, offrendogli tutto il meglio di quanto dispone e di quanto è capace di preparare. Marta diventa così il modello di una schiera innumerevole di donne, umili, solerte e sagge che spendono la loro vita nella silenziosa operosità delle mura domestiche, facendo tutto con amore e per amore del Signore. Maria, la sorella di Marta e di Lazzaro, si è scelta la parte migliore. Lei è profondamente convinta, come affermerà lo stesso Cristo, che non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Ha scelto quindi di nutrirsi e bearsi della Parola di Gesù e giace lì, attenta ed affascinata dal suo amato maestro. Lei, forse senza averlo ascoltato, è già convinta che chi ascolta la sua parola e la mette in pratica è per lui fratello, sorella e madre. Vuole quindi stabilire con lui una più profonda comunione, una intimità di intensissimo amore. I santi ci dimostrano che la gioia più grande di cui possiamo godere sulla terra consiste proprio nel lasciarsi penetrare dallo spirito di Gesù nell'ascolto umile e docile della sua parola di verità e di salvezza. Anche Maria è un'antesignana di tante donne che si sono consacrate completamente al Signore e vivono di preghiera e di ascolto, nel silenzio dei loro monasteri e dei loro conventi. Sono la schiera delle contemplative, quelle che il mondo chiama impropriamente recluse, ma che invece si fanno carico di tutte le urgenze della Chiesa e del mondo. Abbiamo comunque due fulgidi esempi di santità: quella operosa di Marta e quella contemplativa di Maria. Le due splendide figure si integrano vicendevolmente e sono due esempi mirabili che conducono alla santità.
Monaci Benedettini Silvestrini
pubblicato su La Chiesa
giovedì 30 settembre 2010
Chi è San Girolamo?
San Girolamo, Sacerdote e dottore della Chiesa.
Girolamo nacque verso il 340 in Dalmazia (odierna Croazia). I suoi genitori lo mandarono a completare gli studi a Roma. Qui fu battezzato da papa Liberio all'eta di circa 20 anni. Dopo alcuni contatti con i monaci, decise di vivere nel deserto, dove si diede ad una vita di mortificazione estremamente dura e allo studio dei libri sacri. Fu ordinato sacerdote ad Antiochia. A Roma collaborò con papa Damaso e alla sua morte, tornò a Gerusalemme, dove partecipò a numerose controversie per la fede, fondando, poco lontano dalla Chiesa della Natività, il monastero in cui morì nel 419 o 420. Sulla base dei testi originali in greco e in ebraico, egli attuò la revisione dei quattro Vangeli in lingua latina, poi del Salterio e di gran parte dell 'Antico Testamento. Essa costituisce la cosiddetta "Vulgata", il testo "ufficiale" della Chiesa latina che, dopo la recente revisione, rimane il testo "ufficiale" della Chiesa di lingua latina. Girolamo ha posto al centro della sua vita la Bibbia e, soprattutto, si e impegnato a viverla concretamente nella sua vita, nonostante il carattere difficile ricevuto dalla natura.
Che cosa possiamo imparare noi da san Girolamo? Soprattutto questo: amare la Parola di Dio nella Sacra Scrittura.
Diceva san Girolamo: "Ignorare le Scritture e ignorare Cristo".
Perciò è importante che ogni cristiano viva in contatto e in dialogo personale con la Parola di Dio, donataci nella Bibbia.
Il luogo privilegiato della lettura e dell'ascolto della Parola di Dio è la liturgia, nella quale, celebrando la Parola e rendendo presente nel Sacramento il Corpo di Cristo, attualizziamo la Parola nella nostra vita e la rendiamo presente tra noi.
tratto dal messalino Shalom
venerdì 17 settembre 2010
In una parola : Testimonia
A chi pensa che la vita sia una lunga corsa dove non bisogna mollare mai, un lungo sogno alla ricerca dell’ isola che non c'è, un dono prezioso che non ci è stato regalato dai nostri genitori ma dato in prestito dai nostri figli, noi rispondiamo: "vivi". A chi crede che l’amore sia l'eternità riflessa in uno specchio, la ragione che fa muovere l’universo o il sentimento che ci fa vivere la vita come la favola più bella che mai sia stata scritta, noi diciamo: "ama". Vivi, dunque, ama. Di più, abbi il coraggio dell'autenticità, rimboccati le maniche in un mondo dove falsità, egoismo e compromesso sono più comodi, grida la tua gioia anche con la voce del silenzio. Costi quel che costi, ricerca nell'amore l'alfabeto della vita e avrai la saggezza di perdonare sempre e comunque, di vincere nella misura in cui impari a perdere, di riconoscere nell'altro che incontri il volto di Dio. In una parola : Testimonia. Ancor prima: Credici. E i giovani di Mantova questo lo sanno bene. Da Sidney, ad Israele, dalla Terra Santa che ha visto la nascita e la morte di Gesù, alla Terra Santa della Chiesa, la Turchia ed ora, pronti per ripartire per Madrid alla Giornata Mondiale della Gioventù. Ai giovani di Mantova piace viaggiare perché lo schema del viaggio, come dice qualcuno, è forse quello che meglio rappresenta la vita e noi giovani siamo straordinariamente innamorati della vita.
Qualcuno dice che si deve essere coraggiosi se già a 21 anni si va in pellegrinaggio, altri chiedono cosa sia, altri ancora ti guardano con aria interrogatoria. Il pellegrinaggio è un'esperienza di vita ancor prima che di fede, un viaggio che si compie per se stessi, che fa riflettere, che ti fa crescere perché ti fa comprendere che se raccogli, accuratamente, l'utile da ogni cosa fai come i grandi fiumi che arricchiscono la loro portata ricevendo l'acqua da vari affluenti, fai come le api che non si posano indistintamente su tutti i fiori, fai come tutte le volte in cui cogli una rosa che eviti di toccarne le spine. Il pellegrinaggio è fatica, talvolta scoraggiamento, è dolore, ma è anche gioia e tu che parti sei il protagonista di un percorso introspettivo perché sei lì col tuo carico di preoccupazioni, ansie, desideri, delusioni che in cammino cerchi di attutire, alleviare, scoprire una ragione, spiegarti il perché di certe cose che avvengono attorno a te. Il pellegrinaggio non è preghiera e non è solo preghiera, è meraviglia di un paesaggio, è stupore di persone che ti circondano, è candore di spirito. Il pellegrinaggio è trama di risoluzione, in un itinerario di rivelazione. È quello di San Paolo che testimonia nel primo secolo rispondendo ad comando un quello di Dio; è quello del martirio di Stefano, forma radicale di una testimonianza che è sacrificio; è quello che nel 2010 hanno fatto i giovani della Diocesi di Mantova di testimoniare, come Paolo “con tutta franchezza e senza impedimento” a Gerusalemme e fino ai confini della Terra. Il pellegrino è seguace, testimone sì, ma prima di tutto è colui che crede; il pellegrino sei tu che vaghi per la tua città, che vaneggi, che crei idoli a cui ti aggrappi, che ti tolgono al posto di dare, sei tu che non abbandonando gli schemi deviati dell’idolatria, ti vuoi così male talvolta, che neppure a te stesso, concedi di parlare con parresia, che giungi a respingere chi viene a darti i consigli più saggi, che pur di arrivare abbandoni tutto e tutti.
Pellegrini siamo noi quotidianamente. Pellegrini lo siamo stati noi in Turchia, divisa tra Oriente ed Occidente: in uno Stato che si dichiara laico e il 98% è islamico sunnita, lacerata dagli attentati degli indipen-dentisti curdi e di alcune frange radicali, ad Efeso c'è la casa di Maria, la madre di Gesù, in Cappadocia le sette chiese, a Smirne c’è una sola chiesa, quella del Santo Rosario, a Tarso ce quella di San Paolo, a Konya su un 1.100.000 abitanti, invece, non esistono cristiani. Forse, non solo questo dovrebbe far riflettere. La Turchia è meditazione, colori, fascino, contraddizione, è radicalismo religioso, tenacia di chi agisce nel silenzio, di chi però, nella Terra che ha visto la prima evangelizzazione della Chiesa, non può evangelizzare perché leggi e paura lo vietano.
In Turchia, abbiamo voluto ricercare l'origine cristiana e testimoniare la nostra fedeltà fino ai confini della Terra, come il Vescovo ci ha suggerito.
E lui conta su noi giovani, che aspettiamo il suo arrivo senza stancarci mai, inesauribili, generosi, allegri. A Tarso è arriva-to, da Tarso, dopo poche ore, siamo ripartiti per l’Italia, ma non importa perché, questa volta, noi
abbiamo insegnato a te, Vescovo Roberto Busti, che dei giovani bisogna avere fiducia. Il Pellegrinaggio non è terminato, questo è solo l'inizio. Ti abbiamo indicato la nostra prossima tappa: Madrid. Ripartiamo ora, sai, con lo zaino più pesante in spalle perché ricco di emozioni, sensazioni, esperienze vissute, voci e gesti e storie raccontate da persone incontrate e noi guardiamo al Sole con occhi non più appannati, abbiamo spa-lancato le porte del nostro cuore, perché viaggiando con te Roberto Busti siamo diventati tutti un po' tutti più ro-busti!
Giada Scandola
(tratto dalla Cittadella di Mantova)
lunedì 16 agosto 2010
FERMATEVI E PREGATE!
Da parroco mi pare l'invito più importante : FERMATEVI E PREGATE!
Mi rendo conto di fare un invito scomodo e per alcuni difficile da capire soprattutto per chi non ha tempo da perdere... Ma cosa significa pregare?
Senza scomodare il vocabolario e prevedendo di parlare a gente "religiosa" cioè che ha un minimo di cognizione circa la fede, ho pensato di invitare tutti a trovare, durante l'estate, un tempo quotidiano dove spegnere il fare (fermarsi), per aprire il cuore alle situazioni (vs l'indifferenza) ed entrare nella preghiera (cioè portarle a Dio).
Pregare diventa “un tempo” e “un modo” di amare la vita e le persone, perché quando queste sono minacciate le possiamo portare al Signore col nostro "cuore coinvolto e ferito".
Nella fede sappiamo che Lui può esercitare la sua misericordia e intervenire nella nostra storia. Qualcuno potrebbe obiettare che Dio può farlo ugualmente, ma senza “farsi pregare”! Vero, ma il volto di Dio raccontato da Gesù nei Vangeli ha sempre mostrato un rispetto "delicato" verso la libertà degli uomini e le loro intenzioni profonde. Famosa la domanda che Gesù fa al cieco di Gerico: "cosa vuoi che ti faccia?". Tutti han visto che è ceco, anche Gesù, eppure prima di intervenire c'è questo dialogo un po' scontato, ma che rivela la sottile idea che forse quest'uomo non sia disposto "a vedere" quel che c'è da vedere. Forse è meglio non sapere le cose. Forse è meglio non guardare i telegiornali e lasciare agli altri l'iniziativa… Cosa possiamo farci noi se la politica… se l’economia… se la povertà… se l’ingiustizia… se la televisione… se… Ma questa de-responsabilizzazione Gesù non l'accetta. Sembra dirci: "Posso guarirti, ma tu sei disposto a fare la tua parte?".
In questo mondo pieno di narcisismo, di adulti egocentrici e poco significativi per le nuove generazioni, segnato dalla normale indifferenza verso le ingiustizie, costantemente alimentato da un clima di scontro e di sfiducia verso il prossimo, dove la vita e le sue regole sono ormai minacciate (= lo dice la natura ribelle), la preghiera ci aiuta a crescere nella responsabilità e nell'amore.
Pregare dunque, significa amare questa vita così come è. Significa affidarla al Dio di Gesù Cristo che per gli uomini è disposto a tutto. Un amore raccontato nella storia di Maria di Nazaret che in questi giorni la Chiesa ci mostra come modello di affidamento e di preghiera. Famoso il miracolo alle Nozze di Cana: la madre di Gesù si fa carico della mancanza di vino della festa e invita i servi a fare quello che dice Gesù. Vale anche per noi: chiedere insieme a Maria che Gesù "risolva questo mondo", chiedere di portare vita nelle situazioni dove si è iscritta prematuramente la morte, chiedere di liberare il cuore degli uomini dalla sfiducia per far progredire il mondo verso la condivisione e la giustizia.
Ricordo ancora un anziano signore della mia prima parrocchia, che desiderava ricevere la Santa Comunione tutte le settimane. Visto che era impossibilitato ad uscire di casa, andavo a portargliela tutti i giovedì. Mi diceva sempre, con la litanica ripetitività di un anziano un po' sclerotico, che il mondo non è ancora scoppiato solo per la continua preghiera davanti all'eucaristia dei cristiani di tutto il mondo. In effetti molta gente ha fatto della preghiera una ragione di vita e una consacrazione a Dio. Possiamo pensare che in ogni ora del giorno viene celebrata una Messa da qualche parte del mondo.
Ancora oggi gli ordini religiosi contemplativi sono nella chiesa impegnati alla preghiera tutto il giorno o vegliando durante la notte. Segnalo un ordine di suore impegnate in un ospedale, che si riunisce da quattro anni al checkpoint di Betlemme tutti i venerdì per celebrare i misteri del dolore (Rosario) davanti a un luogo di separazione tra Ebrei e Palestinesi. A livello politico certamente non produrrà grandi cambiamenti, ma la fedeltà a questa preghiera ci rivela tutta la forza d'amore di chi ha scelto di curare la vita e si sente responsabile di chiederla con insistenza a Dio per il bene di tutti. Per questo motivo questa estate, fermatevi e pregate!
don Daniele
venerdì 13 agosto 2010
15 agosto : Assunzione della Beata Vergine Maria
L'Assunzione della Beata Vergine Maria è una delle feste più care e più sentite per ognuno di noi.
La festa ci parla, infatti, della bellezza non solo del destino di Maria, ma di ognuno di noi.
La Chiesa proclama anzitutto con gioia che la Vergine Maria, al termine della sua esistenza terrena, è stata assunta alla gloria di Dio in corpo e anima.
Maria è passata per la morte, ma il suo corpo non ha subito la corruzione: l'umile semplicità della sua esistenza è entrata anche con il suo corpo nella gloria del Figlio Gesù. Maria è dunque "accanto al Signore" nella gloria, partecipe della sua condizione di risorto.
Tutto quello che Maria ha vissuto con il suo corpo, grazie al suo corpo, tutte le sue relazioni, ogni ora della sua giornata, il suo lavoro, la sua preghiera, le sue fatiche, le gioie e le sofferenze, le trepidazioni e le speranze, tutto è entrato nell'eternità, ha preso parte alla gloria eterna di Gesù.
Contemplando Maria assunta in cielo si rinnova in noi la certezza che la meta del nostro pellegrinaggio terreno è il cielo, il Paradiso.
La nostra meta è essere come Maria nella gloria, è essere con Gesù risorto, e contemplare il volto di Dio, è partecipare come Maria e con Maria alia vita trinitaria.
Facciamo nostro l' invito di san Bernardo: "Guarda la stella, invoca Maria!".
tratto dal Messalino dell' Editrice Shalom
lunedì 9 agosto 2010
Ogni giorno lasciamoci trasfigurare dall’amore di Gesù
Che bella festa la trasfigurazione di Gesu’ sul monte Tabor!
Che bello ricordare questo evento tanto importante per noi cristiani!
La scena è stata questa:
Gesù ha chiamato tre apostoli a pregare sul monte Tabor, e mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Egli, tutto splendente nelle sue vesti gloriose, parlava con Mosè ed Elia..della sua prossima passione.
Quali sono alcuni elementi su cui mi sono fermata a riflettere?
1) Gesù si ritira a pregare. Quello che a prima vista può meravigliare è che anche Gesù abbia bisogno di pregare; ma Lui non è Dio? Si! Lui è il vero Dio e il vero uomo, è Amore e proprio per questo si alimenta del dialogo con Dio e della Sua obbedienza verso il Padre..Ricordiamo che le Sue parole sulla croce sono state “Tutto è compiuto” perché tutto era avvenuto secondo la volontà di Dio.
2) Gesù si trasfigura dopo aver pregato. Gesù, splendente, ci rivela la Sua grandezza, la Sua gloria e come saremo alla fine dei tempi, alla Sua presenza.
Ma questo evento ci coinvolge solo alla fine dei tempi o anche ora?
In realtà Gesù non ci ha solo fatto vedere come saremo in pienezza, in futuro, ma soprattutto come possiamo essere anche ora!
Prendiamo esempio da Gesù, dal vero uomo. Lui ogni volta che doveva affrontare la folla, che doveva prendere una decisione, prima di tutto si ritirava in preghiera. E allora preghiamo anche noi, affidiamo la giornata al Signore. E la preghiera, la buona volontà di affidarsi a cuore aperto al Padre trasfigurerà anche noi… Quando preghiamo sentiamo la pace nel cuore e di fronte agli altri cambiamo aspetto..sembriamo più sereni..
Allora armiamoci di buona volontà e preghiamo affidandoci a Dio, perché trasformi la nostra vita e ci usi come Suoi strumenti di gioia e di pace…sempre!
MariaGrazia
domenica 25 luglio 2010
Preghiamo...tenendo Maria per mano
Quando si parla di preghiera tante volte ci viene proposto il Rosario e, ammettiamolo, questo spesso ci spaventa..
Ma perchè? Perchè il rosario è lungo (50 Ave Maria più altre preghiere), ripetitivo, e a un certo punto si innesta come una sorta di automatismo che spesso ci porta a deconcentrarci e ad una tale sonnolenza che se si dovesse decidere di recitarlo dopo cena è quasi certo addormentarsi con il rosario in mano.
Ma allora che senso può avere una preghiera così automatica e faticosa? Non sarebbe forse meglio che ci consigliassero una preghiera spontanea, personale direttamente con Dio, sicuramente più sentita?
Se questi potevano essere i nostri dubbi, fondamentale e illuminante è stato il nostro incontro con Suor Emmanuel.
Questa dolce suora della comuinità delle Beatitudini presente a Medjugorie in primo luogo ha voluto sottolineare l'importanza fondamentale della preghiera: come tutti i giorni il nostro corpo ha bisogno di alimentarsi, di mangiare, di bere, così anche la nostra anima, il nostro spirito hanno bisogno di crescere nell'amore con la preghiera giornaliera.
E sentite un po', che preghiera ci ha consigliato? Ebbene si, proprio la recita del Rosario! Essa per prima ha voluto sottolineare che non è tanto il sentimento, l'emozione che ci devono portare alla preghiera, ma tutta la nostra BUONA VOLONTA'.
Cosa significa questo? Che non bisogna assecondare la voglia o la non voglia, che può cambiare di istante in istante, ma impegnarci a pregare con tutta la nostra persona.
E ne vale davvero la pena, fare anche un piccolo sacrificio per recitare il Rosario...perchè, lei ci ha detto, che Maria stessa quando viveva sulla terra pregava il Rosario incessantemente.
A questa affermazione anche noi ci siamo stupiti enormemente! Come poteva Maria recitare il Rosario se non esisteva ai tempi di Gesù???
Cosa è allora veramente il Rosario? Il rosario è la contemplazione della vita di Gesù..e Maria, durante la sua vita terrena, aveva continuamente gli occhi puntati su Gesù.
Suor Emmanuel ha poi consigliato un modo dolcissimo per pregare..
Ognuno di noi immagini quindi di essere un bambino piccolo, di due-tre anni. Sappiamo che i bambini hanno come peculiare caratteristica quella di avere occhi attenti, che assorbono ogni azione, movimento e situazione che vedono.
Ecco, allora come piccoli bambini, afferriamo la mano di Maria senza mai volerla lasciare e iniziamo a ripercorrere la sua vita insieme...
Ci troviamo quindi a Nazaret al momento dell'annunciazione dell'Angelo: Maria dice il suo 'si' a far crescere nel suo grembo Gesu', il figlio di Dio.
Noi siamo li, io sono li, e percepisco la gioia di Maria, anzi, lei con la sua dolcezza me la trasmette, me la fa gustare nella pace del cuore, tanto che io non vorrei più lasciarla.
Pensiamo anche alla gioia che ha provato Gesù al 'si' di Maria..grazie a quel 'si' Lui ha potuto salvare il mondo!
Immergiamoci nel mistero di Gesù e sentiamoci partecipi, vivi, presenti alla vita del Signore.
Suor Emmanuel ci ha quindi accompagnati alla scoperta dell'intero mistero e ci ha permesso anche di comprendere quanto ognuno di noi possa centrare con esso.
Questa particolare esperienza si è rivelata come un intensissimo cammino spirituale insieme a Maria.
Ecco allora come pregare il rosario....
E un suggerimento molto bello che ci è stato dato è di pensare al piccolo oggetto del rosario, come la mano della Madre. Quando allora abbiamo il Rosario in mano non facciamo altro che tenere Maria per mano...
Allora non molliamo mai quella mano...lasciamoci guidare da Lei verso il nostro amato Gesù.
Suor Emmanuel alla fine dell'incontro si è poi congedata da noi con un simpatico consiglio: "Se non avete tempo per pregare prendete l'ora del pranzo per pregare...tanto troverete
sempre il tempo per mangiare nel corso della giornata".
Come non darle ragione?
Mauro&Grazia
lunedì 14 giugno 2010
Alla scoperta del Volto di Gesù (condivisione pellegrinaggio)
“Dio c’è. Ora c’ho le prove!”, recita una nota battuta di un film di Pieraccioni. E oltre due milioni di pellegrini si sono messi in cammino da ogni parte del mondo per andare a Torino dal 10 Aprile al 23 Maggio e vedere le “prove” di un Dio che si è fatto carne ed è morto in croce per noi!
Davanti agli occhi curiosi, stupiti, commossi…ecco le prove dei centoventi colpi di flagello che hanno martoriato il Suo dorso, della lancia che ha trafitto il torace, delle ferite provocate dai chiodi ai polsi e ai piedi; ecco il segno delle cadute sulle ginocchia e del peso della croce sulle spalle, lo strazio della corona di spine e la brutalità delle percosse…
Ecco il Vangelo della Passione: quello che le orecchie non vogliono ascoltare è proprio qui davanti ai nostri occhi!
E se anche le numerose prove scientifiche a cui questo Lenzuolo di 4,40 m. per 1,13 m. hanno stabilito con altissima attendibilità che l’Uomo della Sindone è Gesù di Nazareth, a cosa si potrà aggrappare la nostra ostinazione per rifiutare un Dio crocifisso?
La voce del Signore, che in ogni modo cerchiamo di zittire, ci grida da un telo di lino: “Figlio mio, ecco quanto ti amo! Guarda quanto è preziosa la tua vita: è costata il sangue di Dio!”.
Da sempre il cuore dell’uomo ha sospirato: “il Tuo volto, Signore, io cerco” (Salmo 27,8)…ed ecco la Sua risposta!
Come l’innamorato all’amata, così il Signore ci ha lasciato la Sua “fotografia”, scattata misteriosamente nell’istante della Risurrezione: come potremo mai ringraziarLo per la tenerezza e concretezza di questo dono?
Davanti agli occhi curiosi, stupiti, commossi…ecco le prove dei centoventi colpi di flagello che hanno martoriato il Suo dorso, della lancia che ha trafitto il torace, delle ferite provocate dai chiodi ai polsi e ai piedi; ecco il segno delle cadute sulle ginocchia e del peso della croce sulle spalle, lo strazio della corona di spine e la brutalità delle percosse…
Ecco il Vangelo della Passione: quello che le orecchie non vogliono ascoltare è proprio qui davanti ai nostri occhi!
E se anche le numerose prove scientifiche a cui questo Lenzuolo di 4,40 m. per 1,13 m. hanno stabilito con altissima attendibilità che l’Uomo della Sindone è Gesù di Nazareth, a cosa si potrà aggrappare la nostra ostinazione per rifiutare un Dio crocifisso?
La voce del Signore, che in ogni modo cerchiamo di zittire, ci grida da un telo di lino: “Figlio mio, ecco quanto ti amo! Guarda quanto è preziosa la tua vita: è costata il sangue di Dio!”.
Da sempre il cuore dell’uomo ha sospirato: “il Tuo volto, Signore, io cerco” (Salmo 27,8)…ed ecco la Sua risposta!
Come l’innamorato all’amata, così il Signore ci ha lasciato la Sua “fotografia”, scattata misteriosamente nell’istante della Risurrezione: come potremo mai ringraziarLo per la tenerezza e concretezza di questo dono?
Marianna Russo
del giornale Agire
sabato 29 maggio 2010
Il Silenzio
L'uomo, nella nostra civiltà, vive nel rumore:
non sa più che cosa è il silenzio.
La vita nasce nel silenzio,
l'uomo muore nel silenzio,
Dio si incontra nel silenzio.
Il silenzio è indispensabile alla vita umana:
esso stimola a pensare, serve a non sbagliare,
dispone ad ascoltare, aiuta a pregare.
E' necessario nella vita avere momenti di silenzio:
tacere di sè è umiltà,
tacere degli altri è carità,
tacere in certi momenti è saggezza,
tacere nell'insicurezza è prudenza,
tacere quando tutto va storto è pazienza.
L'uomo autentico ama il silenzio,
medita nel silenzio,
decide nel silenzio.
Non si deve avere paura del silenzio:
esso è maestro di verità,
è gusto di profondità,
è pace, gioia, serenità,
è il modo per sintonizzarsi con Dio,
è il linguaggio adatto per capire Dio.
Ascolta.
giovedì 20 maggio 2010
Amore vuole amore; fuoco vuole fuoco!
“Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”. At 2,2-4
Caro fratello, cara sorella,
arde nel mio cuore il desiderio che tu oggi possa destarti, che tu possa aprire occhi e cuore alla Grazia, allo Spirito Santo!
Ascolta bene:
Oggi si compie il tempo Pasquale: con la venuta dello Spirito Santo, Gesù sarà con noi sino alla fine del mondo. Oggi si attua quello che Gesù stesso aveva annunciato essere lo scopo della sua missione: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!” Lc 12,49
Vedi figliuolo caro, il punto è questo: il Signore è venuto a stravolgere la tua vita, questo è il suo stile! O tu ti sei lasciato rovesciare come un calzino, o, mi spiace tanto, ma il Tuo Signore non lo hai ancora incontrato!!! E allora?
Allora è il caso di scuotersi dal TORPORE! Piangi e prega: chiedi allo Spirito Santo di toccarti il cuore, di renderlo di carne.
Bisogna riflettere… i grandi santi ce lo insegnano! Qual è lo scopo della vita? Perché esiste la terra? San Giovanni Maria Vianney ci dice che la terra è come un ponte per attraversare un fiume, serve a sostenere i nostri piedi nella traversata: abbiamo un’anima da salvare ed un’eternità che ci aspetta… e questa dipende da quanto qui sulla terra ci lasceremo divorare dall’Amore, dal Fuoco!
Santa Gemma Galgani così esclamava: “Amore vuole amore; fuoco vuole fuoco!”
Il Signore non può salvarti, non può incendiarti d’Amore, se tu non gli dici: “Sì, lo voglio!” Sai qual è l’unica vera libertà? Fare ciò che piace all’Amato, per amore, solo per amore.
Tu, chi ti vive accanto, la Chiesa, il mondo hanno bisogno di fuoco nel cuore, di parole sulle labbra, di profezia nello sguardo. (Paolo VI)
Noi cristiani siamo chiamati a vivere, nella Chiesa, una perenne Pentecoste!
E’ un combattimento, non una passeggiata! Il Papa Benedetto XVI ci mostra tutte le “armi” per invocare, OGGI, una nuova Pentecoste!
Voglio dedicare uno spazio alle preziosissime parole del Santo Padre a Fatima, il 13 Maggio 2010, perché sono parole profetiche, parole volte ad una mobilitazione!
Cosa ci chiede? PREGHIERA e PENITENZA! Una novità??? Per niente!
Negli Atti degli Apostoli è pieno di passi in cui gli Apostoli pregano e digiunano!
Ogni decisione importante è preceduta dalla PREGHIERA e dal DIGIUNO!
E noi? Cosa facciamo nei momenti salienti della nostra vita? Banchettiamo! Come Epulone! Ma ricordiamoci bene qual è poi il suo posto nell’eternità, luogo che si è tessuto con la sua stessa stoltezza!
Se il Papa ci ricorda il valore di ciò e perché siamo diventati TIEPIDI… ma i tiepidi saranno vomitati! Il problema non è dei lontani, il problema è di noi cristiani, prima di tutto di noi consacrati e sacerdoti!
Ma vediamo le sue parole……
“Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa. Qui rivive quel disegno di Dio che interpella l’umanità sin dai suoi primordi: «Dov’è Abele, tuo fratello? […] La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!» (Gen 4, 9). L’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo… Nella Sacra Scrittura appare frequentemente che Dio sia alla ricerca di giusti per salvare la città degli uomini e lo stesso fa qui, in Fatima, quando la Madonna domanda: «Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?» (Memorie di Suor Lucia, I, 162).” Dio, anche oggi, cerca chi sia disposto a sacrificarsi per la salvezza dei fratelli!
E chiede amore! Il Papa parlando dei pastorelli afferma che ebbero:
“Un’esperienza di grazia che li ha fatti diventare innamorati di Dio in Gesù, al punto che Giacinta esclamava: «Mi piace tanto dire a Gesù che Lo amo! Quando Glielo dico molte volte, mi sembra di avere un fuoco nel petto, ma non mi brucio». E Francesco diceva: «Quel che m’è piaciuto più di tutto, fu di vedere Nostro Signore in quella luce che la Nostra Madre ci mise nel petto. Voglio tanto bene a Dio!» (Memorie di Suor Lucia, I, 42 e 126).”
Ancora Benedetto XVI si domanda:
“Chi veglia, nella notte del dubbio e dell’incertezza, con il cuore desto in preghiera? Chi aspetta l’alba del nuovo giorno, tenendo accesa la fiamma della fede?”
E conclude auspicando:
“Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità.”
La missione profetica di Fatima è quella di implorare la conversione, attraverso la preghiera e la penitenza, perché il Cuore Immacolato di Maria possa trionfare!
Il Santo Padre chiede la collaborazione di tutti, chiede la tua generosità, chiede il tuo amore, chiede la tua vita… sapendo che la riporrai in mani sicure: quelle di Gesù, l’unico che non ti deluderà MAI!
Cosa lo ha spinto ad annunciare tutto ciò? L’Amore!
“Sono venuto a Fatima, con gli stessi sentimenti dei Beati Francesco e Giacinta e della Serva di Dio Lucia, per affidare alla Madonna l’intima confessione che «amo», che la Chiesa, che i sacerdoti «amano» Gesù e desiderano tenere fissi gli occhi in Lui, mentre si conclude quest’Anno Sacerdotale, e per affidare alla materna protezione di Maria i sacerdoti, i consacrati e le consacrate, i missionari e tutti gli operatori di bene che rendono accogliente e benefica la Casa di Dio.”
Che meraviglia! E cosa permette l’Amore? La fedeltà e la preghiera!
“Permettetemi di aprirvi il cuore per dirvi che la principale preoccupazione di ogni cristiano, specialmente della persona consacrata e del ministro dell’Altare, dev’essere la fedeltà, la lealtà alla propria vocazione, come discepolo che vuole seguire il Signore”. E… “una vera intimità con Cristo nella preghiera, poiché sarà l’esperienza forte ed intensa dell’amore del Signore che dovrà portare i sacerdoti e i consacrati a corrispondere in un modo esclusivo e sponsale al suo amore”.
Il Pontefice ha fatto anche un atto di affidamento e consacrazione dei sacerdoti al Cuore Immacolato di Maria. In questo ha chiesto alla Vergine la sua intercessione per “non cedere ai nostri egoismi, alle lusinghe del mondo ed alle suggestioni del Maligno”. “Preservaci con la tua purezza, custodiscici con la tua umiltà e avvolgici col tuo amore materno, che si riflette in tante anime a te consacrate diventate per noi autentiche madri spirituali”, ha implorato. “La tua presenza faccia rifiorire il deserto delle nostre solitudini e brillare il sole sulle nostre oscurità, faccia tornare la calma dopo la tempesta, affinché ogni uomo veda la salvezza del Signore, che ha il nome e il volto di Gesù, riflesso nei nostri cuori, per sempre uniti al tuo!”, ha concluso.
Ecco! Rimaniamo uniti nel cenacolo con Maria e gli Apostoli, quelli dei nostri giorni: i sacerdoti, i vescovi, il Papa, per invocare il dono di una nuova Pentecoste per la Chiesa e perché da essa possa sgorgare, come fiumi d’acqua viva, su tutta l’umanità!
Caro fratello, cara sorella,
arde nel mio cuore il desiderio che tu oggi possa destarti, che tu possa aprire occhi e cuore alla Grazia, allo Spirito Santo!
Ascolta bene:
- “venne un fragore”, sai cosa significa? Fragore vuol dire rumore assordante!
- “un vento impetuoso”, cioè rapido e violento.
- “lingue di fuoco”, fuoco! Non tepore!
- “cominciarono a parlare altre lingue”, questi pescatori ignoranti diventano sapienti!
Oggi si compie il tempo Pasquale: con la venuta dello Spirito Santo, Gesù sarà con noi sino alla fine del mondo. Oggi si attua quello che Gesù stesso aveva annunciato essere lo scopo della sua missione: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!” Lc 12,49
Vedi figliuolo caro, il punto è questo: il Signore è venuto a stravolgere la tua vita, questo è il suo stile! O tu ti sei lasciato rovesciare come un calzino, o, mi spiace tanto, ma il Tuo Signore non lo hai ancora incontrato!!! E allora?
Allora è il caso di scuotersi dal TORPORE! Piangi e prega: chiedi allo Spirito Santo di toccarti il cuore, di renderlo di carne.
Bisogna riflettere… i grandi santi ce lo insegnano! Qual è lo scopo della vita? Perché esiste la terra? San Giovanni Maria Vianney ci dice che la terra è come un ponte per attraversare un fiume, serve a sostenere i nostri piedi nella traversata: abbiamo un’anima da salvare ed un’eternità che ci aspetta… e questa dipende da quanto qui sulla terra ci lasceremo divorare dall’Amore, dal Fuoco!
Santa Gemma Galgani così esclamava: “Amore vuole amore; fuoco vuole fuoco!”
Il Signore non può salvarti, non può incendiarti d’Amore, se tu non gli dici: “Sì, lo voglio!” Sai qual è l’unica vera libertà? Fare ciò che piace all’Amato, per amore, solo per amore.
Tu, chi ti vive accanto, la Chiesa, il mondo hanno bisogno di fuoco nel cuore, di parole sulle labbra, di profezia nello sguardo. (Paolo VI)
Noi cristiani siamo chiamati a vivere, nella Chiesa, una perenne Pentecoste!
E’ un combattimento, non una passeggiata! Il Papa Benedetto XVI ci mostra tutte le “armi” per invocare, OGGI, una nuova Pentecoste!
Voglio dedicare uno spazio alle preziosissime parole del Santo Padre a Fatima, il 13 Maggio 2010, perché sono parole profetiche, parole volte ad una mobilitazione!
Cosa ci chiede? PREGHIERA e PENITENZA! Una novità??? Per niente!
Negli Atti degli Apostoli è pieno di passi in cui gli Apostoli pregano e digiunano!
Ogni decisione importante è preceduta dalla PREGHIERA e dal DIGIUNO!
E noi? Cosa facciamo nei momenti salienti della nostra vita? Banchettiamo! Come Epulone! Ma ricordiamoci bene qual è poi il suo posto nell’eternità, luogo che si è tessuto con la sua stessa stoltezza!
Se il Papa ci ricorda il valore di ciò e perché siamo diventati TIEPIDI… ma i tiepidi saranno vomitati! Il problema non è dei lontani, il problema è di noi cristiani, prima di tutto di noi consacrati e sacerdoti!
Ma vediamo le sue parole……
“Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa. Qui rivive quel disegno di Dio che interpella l’umanità sin dai suoi primordi: «Dov’è Abele, tuo fratello? […] La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!» (Gen 4, 9). L’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo… Nella Sacra Scrittura appare frequentemente che Dio sia alla ricerca di giusti per salvare la città degli uomini e lo stesso fa qui, in Fatima, quando la Madonna domanda: «Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?» (Memorie di Suor Lucia, I, 162).” Dio, anche oggi, cerca chi sia disposto a sacrificarsi per la salvezza dei fratelli!
E chiede amore! Il Papa parlando dei pastorelli afferma che ebbero:
“Un’esperienza di grazia che li ha fatti diventare innamorati di Dio in Gesù, al punto che Giacinta esclamava: «Mi piace tanto dire a Gesù che Lo amo! Quando Glielo dico molte volte, mi sembra di avere un fuoco nel petto, ma non mi brucio». E Francesco diceva: «Quel che m’è piaciuto più di tutto, fu di vedere Nostro Signore in quella luce che la Nostra Madre ci mise nel petto. Voglio tanto bene a Dio!» (Memorie di Suor Lucia, I, 42 e 126).”
Ancora Benedetto XVI si domanda:
“Chi veglia, nella notte del dubbio e dell’incertezza, con il cuore desto in preghiera? Chi aspetta l’alba del nuovo giorno, tenendo accesa la fiamma della fede?”
E conclude auspicando:
“Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità.”
La missione profetica di Fatima è quella di implorare la conversione, attraverso la preghiera e la penitenza, perché il Cuore Immacolato di Maria possa trionfare!
Il Santo Padre chiede la collaborazione di tutti, chiede la tua generosità, chiede il tuo amore, chiede la tua vita… sapendo che la riporrai in mani sicure: quelle di Gesù, l’unico che non ti deluderà MAI!
Cosa lo ha spinto ad annunciare tutto ciò? L’Amore!
“Sono venuto a Fatima, con gli stessi sentimenti dei Beati Francesco e Giacinta e della Serva di Dio Lucia, per affidare alla Madonna l’intima confessione che «amo», che la Chiesa, che i sacerdoti «amano» Gesù e desiderano tenere fissi gli occhi in Lui, mentre si conclude quest’Anno Sacerdotale, e per affidare alla materna protezione di Maria i sacerdoti, i consacrati e le consacrate, i missionari e tutti gli operatori di bene che rendono accogliente e benefica la Casa di Dio.”
Che meraviglia! E cosa permette l’Amore? La fedeltà e la preghiera!
“Permettetemi di aprirvi il cuore per dirvi che la principale preoccupazione di ogni cristiano, specialmente della persona consacrata e del ministro dell’Altare, dev’essere la fedeltà, la lealtà alla propria vocazione, come discepolo che vuole seguire il Signore”. E… “una vera intimità con Cristo nella preghiera, poiché sarà l’esperienza forte ed intensa dell’amore del Signore che dovrà portare i sacerdoti e i consacrati a corrispondere in un modo esclusivo e sponsale al suo amore”.
Il Pontefice ha fatto anche un atto di affidamento e consacrazione dei sacerdoti al Cuore Immacolato di Maria. In questo ha chiesto alla Vergine la sua intercessione per “non cedere ai nostri egoismi, alle lusinghe del mondo ed alle suggestioni del Maligno”. “Preservaci con la tua purezza, custodiscici con la tua umiltà e avvolgici col tuo amore materno, che si riflette in tante anime a te consacrate diventate per noi autentiche madri spirituali”, ha implorato. “La tua presenza faccia rifiorire il deserto delle nostre solitudini e brillare il sole sulle nostre oscurità, faccia tornare la calma dopo la tempesta, affinché ogni uomo veda la salvezza del Signore, che ha il nome e il volto di Gesù, riflesso nei nostri cuori, per sempre uniti al tuo!”, ha concluso.
Ecco! Rimaniamo uniti nel cenacolo con Maria e gli Apostoli, quelli dei nostri giorni: i sacerdoti, i vescovi, il Papa, per invocare il dono di una nuova Pentecoste per la Chiesa e perché da essa possa sgorgare, come fiumi d’acqua viva, su tutta l’umanità!
Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra! Elisa Ordo Virginum
venerdì 14 maggio 2010
Cosa significa “Gesù ascende al Cielo"?
Carissimi amici, oggi è la FESTA dell’Ascensione!
Ma cosa significa che “Gesù ascende al Cielo”?
La parola “ascensione” è evidentemente legata al significato del salire. Gesù, il Figlio di Dio, sale al Cielo, va a prepararci un posto presso il Padre e ci promette di non lasciarci soli, inviandoci il Suo Santo Spirito.
Gesù ha detto “E’ meglio per voi che io me ne vada, però io sarò sempre con voi” (cfr Gv 16). Ma come si fa a combinare queste due paradossali affermazioni?
Lui “va via”, ma abiterà sempre dentro di noi, infatti ha detto che con il Padre e lo Spirito prenderà dimora in noi!
Sembra incredibile, eppure è proprio questa la Sua grande Promessa!
Gesù ora entra e si trova in un modo di essere e di esistere diverso dal nostro, però Egli è il medesimo Gesù i cui piedi hanno lungamente camminato per le strade polverose della Palestina, le cui Mani hanno benedetto, accarezzato, guarito e perdonato, vero Dio e vero uomo, nella forma però definitiva dell’essere umano.
Egli si trova ormai nella dimensione spirituale ed eterna, ma continua ad essere Colui che, per amore, porta su di sé e toglie la lebbra del nostro cuore, il peccato.
Crediamo davvero che Egli sia il Vivente? Perfettamente uomo senza più i limiti dell’umano, ma comunque perfettamente uomo!
Crediamo davvero che Egli sia il Vivente? Perfettamente uomo senza più i limiti dell’umano, ma comunque perfettamente uomo!
Egli ci ama, ama me!
Se Cristo adesso, in questo momento, è vero Dio e vero uomo, ci ama con l’amore di Dio e anche con l’amore di una persona umana, portato alla massima perfezione.
E’ dunque amore di un Dio, ma anche amore di un Dio che ha voluto essere uomo, per amarci proprio con tutta l’infinita ricchezza dell’amore umano.
Così in Cristo ci siamo tutti noi ed Egli ci ama, abbiamo una relazione autentica con una Persona che ci invita senza sosta a conformarci sempre più a Lui.
Allora la festa dell’Ascensione prende una luce tutta nuova, diventa il rinnovamento della nostra umanità, il nostro personale rinnovamento: siamo impegnati ad assomigliare sempre più a Cristo!
Gesù non poteva rimanere con noi in maniera visibile, ma ci ha lasciato questo compito meraviglioso, la ragione profonda della nostra vita: essere Lui in modo che chi ci incontra possa ancora esclamare con gioioso stupore: “E’ il Signore!” (Gv 21, 7) e che, oltre le nostre povertà, continui a risuonare, lungo tutte le strade, malate di fretta e distrazione, quel grido festoso di Maria di Magdala nel mattino di Pasqua: “Ho visto il Signore!” (Gv 20, 18).
E’ l’augurio grande che faccio a tutti noi!
Laura
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