venerdì 17 settembre 2010

In una parola : Testimonia

A chi pensa che la vita sia una lunga corsa dove non bisogna mollare mai, un lungo sogno alla ricerca dell’ isola che non c'è, un dono prezioso che non ci è stato regalato dai nostri genitori ma dato in prestito dai nostri figli, noi rispondiamo: "vivi". A chi crede che l’amore sia l'eternità riflessa in uno specchio, la ragione che fa muovere l’universo o il sentimento che ci fa vivere la vita come la favola più bella che mai sia stata scritta, noi diciamo: "ama". Vivi, dunque, ama. Di più, abbi il coraggio dell'autenticità, rimboccati le maniche in un mondo dove falsità, egoismo e compromesso sono più comodi, grida la tua gioia anche con la voce del silenzio. Costi quel che costi, ricerca nell'amore l'alfabeto della vita e avrai la saggezza di perdonare sempre e comunque, di vincere nella misura in cui impari a perdere, di riconoscere nell'altro che incontri il volto di Dio. In una parola : Testimonia. Ancor prima: Credici. E i giovani di Mantova questo lo sanno bene. Da Sidney, ad Israele, dalla Terra Santa che ha visto la nascita e la morte di Gesù, alla Terra Santa della Chiesa, la Turchia ed ora, pronti per ripartire per Madrid alla Giornata Mondiale della Gioventù. Ai giovani di Mantova piace viaggiare perché lo schema del viaggio, come dice qualcuno, è forse quello che meglio rappresenta la vita e noi giovani siamo straordinariamente innamorati della vita.
Qualcuno dice che si deve essere coraggiosi se già a 21 anni si va in pellegrinaggio, altri chiedono cosa sia, altri ancora ti guardano con aria interrogatoria. Il pellegrinaggio è un'esperienza di vita ancor prima che di fede, un viaggio che si compie per se stessi, che fa riflettere, che ti fa crescere perché ti fa comprendere che se raccogli, accuratamente, l'utile da ogni cosa fai come i grandi fiumi che arricchiscono la loro portata ricevendo l'acqua da vari affluenti, fai come le api che non si posano indistintamente su tutti i fiori, fai come tutte le volte in cui cogli una rosa che eviti di toccarne le spine. Il pellegrinaggio è fatica, talvolta scoraggiamento, è dolore, ma è anche gioia e tu che parti sei il protagonista di un percorso introspettivo perché sei lì col tuo carico di preoccupazioni, ansie, desideri, delusioni che in cammino cerchi di attutire, alleviare, scoprire una ragione, spiegarti il perché di certe cose che avvengono attorno a te. Il pellegrinaggio non è preghiera e non è solo preghiera, è meraviglia di un paesaggio, è stupore di persone che ti circondano, è candore di spirito. Il pellegrinaggio è trama di risoluzione, in un itinerario di rivelazione. È quello di San Paolo che testimonia nel primo secolo rispondendo ad comando un quello di Dio; è quello del martirio di Stefano, forma radicale di una testimonianza che è sacrificio; è quello che nel 2010 hanno fatto i giovani della Diocesi di Mantova di testimoniare, come Paolo “con tutta franchezza e senza impedimento” a Gerusalemme e fino ai confini della Terra. Il pellegrino è seguace, testimone sì, ma prima di tutto è colui che crede; il pellegrino sei tu che vaghi per la tua città, che vaneggi, che crei idoli a cui ti aggrappi, che ti tolgono al posto di dare, sei tu che non abbandonando gli schemi deviati dell’idolatria, ti vuoi così male talvolta, che neppure a te stesso, concedi di parlare con parresia, che giungi a respingere chi viene a darti i consigli più saggi, che pur di arrivare abbandoni tutto e tutti.
Pellegrini siamo noi quotidianamente. Pellegrini lo siamo stati noi in Turchia, divisa tra Oriente ed Occidente: in uno Stato che si dichiara laico e il 98% è islamico sunnita, lacerata dagli attentati degli indipen-dentisti curdi e di alcune frange radicali, ad Efeso c'è la casa di Maria, la madre di Gesù, in Cappadocia le sette chiese, a Smirne c’è una sola chiesa, quella del Santo Rosario, a Tarso ce quella di San Paolo, a Konya su un 1.100.000 abitanti, invece, non esistono cristiani. Forse, non solo questo dovrebbe far riflettere. La Turchia è meditazione, colori, fascino, contraddizione, è radicalismo religioso, tenacia di chi agisce nel silenzio, di chi però, nella Terra che ha visto la prima evangelizzazione della Chiesa, non può evangelizzare perché leggi e paura lo vietano.
In Turchia, abbiamo voluto ricercare l'origine cristiana e testimoniare la nostra fedeltà fino ai confini della Terra, come il Vescovo ci ha suggerito.
E lui conta su noi giovani, che aspettiamo il suo arrivo senza stancarci mai, inesauribili, generosi, allegri. A Tarso è arriva-to, da Tarso, dopo poche ore, siamo ripartiti per l’Italia, ma non importa perché, questa volta, noi
abbiamo insegnato a te, Vescovo Roberto Busti, che dei giovani bisogna avere fiducia. Il Pellegrinaggio non è terminato, questo è solo l'inizio. Ti abbiamo indicato la nostra prossima tappa: Madrid. Ripartiamo ora, sai, con lo zaino più pesante in spalle perché ricco di emozioni, sensazioni, esperienze vissute, voci e gesti e storie raccontate da persone incontrate e noi guardiamo al Sole con occhi non più appannati, abbiamo spa-lancato le porte del nostro cuore, perché viaggiando con te Roberto Busti siamo diventati tutti un po' tutti più ro-busti!
Giada Scandola
(tratto dalla Cittadella di Mantova)

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