Spesso ci troviamo di fronte a persone che lamentano malessere o insoddisfazione per alcune situazioni che possono presentarsi nella loro vita in ambito fisico, psicologico o spirituale, ma che non fanno o sembrano fare nulla per cambiare le cose.
Di fatto paiono essere più orientate a “subire la vita” anziché ad essere “costruttori di realtà nuove” che permettano loro di superare lo stallo in cui si trovano e muoversi verso uno stare meglio.
Spesso queste persone prendono anche delle decisioni, ma con soluzioni senza spessore perché, usando la metafora, si limitano ad attenuare i sintomi senza curare le cause della malattia. Terminato l’effetto analgesico o lenitivo ritornano le stesse condizioni di prima.
Ricordo uno studente che stava passando un periodo di crisi che lo portò a non impegnarsi più nello studio come sarebbe stato necessario. Quando prevedeva l’interrogazione risolveva il problema facendo una “assenza strategica”. La crisi durò troppo e lui perse l’anno.
Ricordo una ragazza che si era decisa per un serio cammino spirituale ispirandosi ai valori religiosi. Aveva intrapreso una vita austera che le costava anche qualche sacrificio ma non riusciva tuttavia a rinunciare alle uscite in discoteca con gli amici. Mettiamoci pure la musica, qualche bevanda, i sentimenti… ecc., ed ecco che spesso saltavano all’aria i buoni propositi fatti e lei si ritrovava poi avvilita e con sensi di colpa.
Spesso queste persone sono ripetitive e si ostinano con decisioni e comportamenti che già in passato hanno mostrato di non essere utili per risolvere il problema
Si racconta di un uomo che andava sempre nel campo con il suo asinello. Una volta arrivato e scaricata la merce, lo lasciava libero di tornare da solo alla stalla. Un giorno scoppiò un temporale ed un fulmine divelse un albero che andò a cadere proprio sul sentiero del ritorno. L’asino non riusciva a passare e con il muso dava colpi sempre più forti per spostare la pianta. Fu terribile l’ultimo tentativo: ci aveva messa tutta la sua energia ma ne rimase tramortito.
La storia prosegue perché assieme all’asinello c’era anche una piccola scimmietta che faceva lo stesso percorso. Quando questa vide la strada interrotta si guardò attorno e scoprì che poco distante ed un poco nascosto c’era un altro sentiero. Lo prese e fu subito dall’altra parte.
Ricordo una donna che non sopportava quando il marito rientrava tardi. Ogni volta che ciò succedeva gli piantava il muso per tutta la sera. Era questa la sua tentata soluzione al problema e la ripeteva sempre. Sta di fatto che il marito, successivamente interpellato, raccontò che il muso di sua moglie lo infastidiva al punto che spesso preferiva rincasare tardi proprio per non vedere quelle scene.
Un saggio ebbe a dire che è dello stolto il ripetere le stesse cose aspettandosi risultati diversi.
Quando si vuole raggiungere un obbiettivo bisogna prima conoscerlo. Buon esempio è lo scalatore che vuole raggiungere una cima: per prima cosa prende il binocolo e guarda con attenzione dove vuole arrivare. Poi a ritroso sceglie il percorso da fare, passo per passo, individuandone le eventuali difficoltà ed ostacoli. Poi studia ogni fabbisogno per realizzare l’impresa a partire dalle attrezzature, al vettovagliamento ecc.
La fase successiva sarà quella di prendere la decisione di intraprendere la scalata.
La decisione a fare è essenziale in tutte le nostre azioni e deve essere forte e senza ambiguità. L’ambiguità è come una altalena che porta avanti ed indietro ma alla fine si rimane sempre allo stesso posto.
A questo punto non rimane che mettere in atto i passi necessari. Bisogna in sostanza senza indugio passare all’azione.
Da ricordare che ogni viaggio incomincia col primo passo, e che la meta si raggiunge con un passo alla volta. Ci potrà anche essere qualche scivolone ma poi ci si rialza.
In conclusione per essere “costruttori di realtà” ed uscire dagli stalli che ci paralizzano, dobbiamo sempre trasformare i nostri problemi in obbiettivi da raggiungere. Questi vanno scelti con cura, talvolta senza troppa fretta, e poi è necessario passare all’azione con determinazione, cercando di evitare quelle soluzioni che abbiamo descritto essere “senza spessore” e quelle che abbiamo già sperimentato “non portare i risultati desiderati”.
E' vero spesso stiamo a piangerci addosso per le cose che non vanno e continuiamo dire ma perchè...Sono esperienze che anch'io ho vissuto,ma quando capita ci metto tutto il mio impegno per cambiare la rotta,non dico che sia facile..ad ogni caduta rimango un po' stordito ma poi mi rialzo e torno a camminare ,come un bimbo che impara camminare. Cado e mi rialzo e ringrazio tutte le volte che il Signore e le persone che vengono in mio aiuto per rialzarmi
RispondiEliminaPenso che questa nuova prospettiva (dal problema all'obiettivo) sia molto interessante e stimolante. Talvolta davvero ci si lascia condurre da automatismi che non fanno altro che renderci "prigionieri" di strade già percorse, ma perchè non pensare più in grande?
RispondiEliminaUna volta, una persona a me molto cara mi ha raccontato di una ragazzina che era andata in crisi perché la sua radio si era rotta..Come poteva trascorrere la giornata senza la sua musica? Era bloccata! Ma aveva pensato a come risolvere quello che per lei era un problema? No! Le è stato quindi consigliato di mettersi a tavolino e pensare a tutte le possibili soluzioni del problema, anche le più strampalate…
Sono davvero rimasta di sasso quando il semplice tentativo di attivarsi a trovare soluzioni al suo “grande problema”, l’abbia rassicurata e le abbia permesso di risolvere il suo momento di crisi in poco tempo (chiedendo la radio in prestito ad un’amica intanto che la sua veniva riparata).
Un esempio banale? Io ho “banalmente” cercato di applicarlo in diverse situazioni… e, credetemi, FUNZIONA!
Si, il problema sta nelle domande che ci poniamo. Il cervello è uno strumento al nostro servizio, come un computer, e non fa che rispondere a quanto gli chiediamo. Se gli diciamo, per riprendere l’esempio di Grazia: “non ho la radio”, risponderà ok.! Se lo interroghiamo sulle sfortune della nostra vita, ce ne farà un elenco a non finire… da mandarci in depressione. Se invece gli facciamo una domanda mirata come: “cosa posso fare per avere la radio?” allora incomincerà a darci le risposte che ci servono. Si tratterà poi solo di scegliere quella che ci sembrerà più opportuna o funzionale in quel momento. Molte volte viviamo situazioni di stallo solo perché non ci poniamo le domande giuste.
RispondiEliminaAnche in ambito spirituale può succedere che una persona passi la vita a battersi il petto per le sue miserie, e non si chiede: “ cosa, come posso fare… per migliorare le cose?”
come posso fare per trasformare i problemi in obbiettivi?
RispondiEliminaper aiutarmi posso sdrammmatizzare il problema
non è la fine del mondo......
poi posso trovare una soluzione perche non sono
piu spaventata........
Dobbiamo distinguere il “COSA vogliamo raggiungere” (= obbiettivo) dal “COME fare per raggiungerlo” (= strategie, risorse da mettere in campo).
RispondiEliminaSdrammatizzare il problema rientra nella seconda categoria ed è decisamente una ottima risorsa.