Questi giorni di grande festa a Roma sono stati eccezionali per la testimonianza di gioia e per l’occasione offerta, anche attraverso i media, di un messaggio importante al mondo intero: si può essere santi se si è innamorati di Cristo! La “rivoluzione dell’Amore” è possibile e può cambiare la storia se ci impegniamo realmente là dove siamo chiamati a vivere col peso della nostra responsabilità di cristiani o di “uomini di buona volontà”, nessuno escluso!
Giovanni Paolo II non è ora beato perché proclamato tale, ma avendo vissuto radicalmente il Vangelo è stato per tutti noi strumento dell’Amore di Dio vivendo tanti attimi di santità strutturatisi nel tempo, che oggi anche la Chiesa riconosce e indica come esempio per il mondo intero.
Il successo del suo messaggio – soprattutto per i giovani – è stata la coerenza di testimonianza di vita. Prima di ogni discorso, prima di ogni etica predicata, c’è stata una reale etica praticata a tal punto da essere trasparenza del volto di Dio Padre. “Cercano di capirmi dal di fuori – ebbe a dire – ma posso essere capito solo dal di dentro”. L’uomo Karol conosceva tantissime lingue ed era dotato di una capacità comunicativa unica, ma sono convinto che sia stato capace di toccare il cuore delle persone grazie alla proprietà dell’unico linguaggio veramente universale, quello dell’Amore e della Verità, di cui oggi tutti hanno particolarmente sete e sono capaci di riconoscerli.
C’è un filo rosso che lega ogni sua azione ed ogni suo discorso. C’è un passaggio di testimone che Giovanni Paolo II ha ricevuto essendo capace di portarlo fino in fondo. Nell’omelia conclusiva del Concilio Vaticano II il pontefice Paolo VI sottolineò come la Chiesa più di tutti sia cultrice dell’uomo, gettando luce sul cuore della costituzione Gaudium et Spes che afferma che Cristo svela l’uomo all’uomo e che la dignità della persona umana va difesa perché l’uomo e la donna sono stati creati ad immagine e somiglianza di Dio. Proprio questa fu il “cavallo di battaglia” dei ventisette anni di pontificato di “Karol il Grande”, che partendo dall’enciclica Redemptor hominis ha sostenuto infinite battaglie in difesa della vita umana, dichiarando che non esiste “guerra giusta” e allo stesso tempo chiedendo “azioni belliche di legittima difesa” in casi di “ingerenza umana”, combattendo ogni discriminazione, ogni svilimento della sessualità, ogni “cultura della morte”, promuovendo l’unica forza del dialogo, dell’apertura all’altro pur difendendo le proprie speranze e ragioni, chiedendo unilateralmente perdono per gli errori commessi per avviare un cammino di “purificazione della memoria”, affrontando il male delle diverse società facendosi missionario nel mondo incontrando persone, popoli, capi di stato, senza mai contraddirsi, ma tenendo sempre dinnanzi l’esempio di Gesù di Nazareth e mettendosi dalla parte dei più deboli, dei piccoli, degli ammalati, degli esclusi, dei perseguitati, degli scartati dalla società, combattendo i totalitarismi di ogni genere.
Ha subito un attentato fisico e una “silenziosa persecuzione”, ma ha sempre guardato a Maria come “Stella del Mattino”, vivendo un amore incondizionato per Dio, non perdendo il sorriso interiore neppure quando la malattia l’ha costretto ai nervi contratti sul volto. Ha combattuto da giovane il nazismo conoscendo la ferocia di satana capace di sfigurare l’opera di Dio, ha combattuto il comunismo totalitario, giungendo a mettere tutti in guardia sul sistema liberale e consumistico della post-modernità se ateo e fine a se stesso, come scrisse nella Centesimus annus.
La prima lettera di Giovanni al capitolo 5 ricorda che tre segni danno testimonianza: l’acqua, che in Giovanni Paolo II possiamo riconoscere nelle tante lacrime versate, in particolar modo nella grotta di Lourdes dove scoppiò in un pianto a dirotto; il sangue, versato il 13 maggio 1981 a piazza san Pietro e durante tutto il suo pontificato afflitto da dolori che lo hanno reso una cosa sola con Cristo crocifisso; lo spirito, che non solo ha “reso al Padre” nell’ultimo periodo, ma di cui è stato privato lentamente e che abbiamo sentito gradualmente sempre più affannoso fino a divenire l’unica parola pronunciabile. Sono debitore a padre Daniel Ange di questa meravigliosa ri-lettura spirituale.
Giovanni Paolo II è stato “cultore dell’uomo”, sottolineando che solo un’antropologia aperta al trascendente può essere una base su cui ricostruire una “civiltà dell’amore” che abbia come norma etica l’amore e la solidarietà, avendo così una politica e un’economia guidate dall’etica. Giovanni Paolo II è stato uomo capace del “dono di sé” fino al sangue, contemporaneamente “uomo dello Spirito” perché immerso in una dimensione mistica, e uomo con i piedi per terra capace di lacrime di vero cuore umano.
Alcuni parlano del Papa più grande della storia, eppure durante il suo pontificato fu oggetto di forti critiche e attacchi, non solo nei primi viaggi in Sud America. Condivide oggi lo stesso destino l’allora Cardinal Joseph Alois Ratzinger. I Cardinali Józef Wojtyła e Joseph Alois Ratzinger appartenevano all’area dei Vescovi progressisti moderati del dopo Vaticano II (entrambi osteggiati da sempre proprio per questa sua visione). Collaborarono per anni e ieri erano esposti i loro due stemmi all’inizio di piazza san Pietro: mi sembrava di vedere come due braccia e due colonne della Chiesa Madre che ci sta conducendo all’inizio di questo nuovo millennio! Ho il cuore ricolmo di gratitudine per questi due meravigliosi pontefici!
Non si possono enumerare e raccontare i viaggi, i documenti e le opere scritte, le giornate mondiali della gioventù… senza scadere in numeri da fredda statistica e in parziali resoconti incapaci di descrivere – in entrambi i pontificati – la straordinarietà dell’ordinaria offerta di sé a Dio. Ma i frutti ci aiutano a comprendere qualcosa che solo in Cielo ci sarà pienamente svelato. Ieri è stato uno dei frutti che abbiamo tutti potuto assaporare nella sua freschezza e flagranza.
Accade solitamente, quando una squadra nazionale vince un mondiale, che tutti i cittadini tifosi si riversino in piazza a festeggiare e ci sia un’atmosfera di particolare energia nell’aria, accompagnata da un sentimento di felicità e di unione che fa sentire tutti un po’ più vicini e uguali e quasi sembra che ogni problema sia stato dimenticato e ogni rancore cancellato per lasciare spazio a sentimenti di affetto, amicizia, fratellanza. Ecco, negli ultimi giorni, in particolare a Roma, si respirava un’aria frizzante, carica di positività e speranza, colorata di riconoscenza e di vittoria, nonostante la persona festeggiata fisicamente non ci sia più, superando di gran lunga la festa di una vittoria da scudetto, trasmettendo in tutti l’esigenza di esserci, anche solo col telecomando in mano, sentendosi davvero tutti figli del “Santo Padre” e fratelli tra di noi. Quanto sono povere le parole… ma quanto è stata forte l’emozione che ancora si vive quest’oggi qui a Roma!
Ieri allontanandomi da Piazza san Pietro, passando per via della Giuliana, ho letto una scritta sul muro: “Se non sei felice prova ad amare”. Tante volte Chiara Amirante ripete uno slogan simile dicendoci “Vuoi essere felice? Prova a cercare la felicità di chi ti sta accanto”. Proprio questa è stata la suprema testimonianza di Giovanni Paolo II, che si è speso per tutti e ciascuno, facendosi prossimo a chi gli stava accanto, testimoniando che solo nell’Amore di Cristo si può trovare la gioia.
L’omelia di Papa Benedetto XVI di ieri ha sottolineato come abbia vissuto in modo eroico le “beatitudini della fede” proprio sostenuto dal quel legame speciale con la Madre di Dio a cui ha affidato tutta l’umanità nel Totus Tuus di Luigi Maria de Montfort.
Spero per tutti voi – come è stato per me – sia nato un rinnovato impegno nella santità personale o almeno, per chi non è credente, verso il bene!
Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!
Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo.
Non abbiate paura!
Non abbiate paura!
Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa! Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo.
Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna!
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