Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.
E’ finito il tempo delle feste. E’ finito il tempo dei fiumi di gente che acclamano Gesù come Messia. Presso la croce c’è un manipolo di gente. Un misto di soldati, scribi e parenti stretti. Anche i discepoli sono scappati tutti. Neanche loro, “gli amici”, “i suoi”, come il Vangelo li chiama, hanno retto il colpo della paura di essere uccisi. Fortunatamente ce n’è almeno uno. Il più piccolo. E’ Giovanni.
La sua adolescenza passata dietro a quest’uomo meraviglioso che è Gesù lo rende più forte, più coraggioso, più determinato di ogni rischio. Gli altri avrebbero tacciato questa sua audacia con il titolo di pericolosa imprudenza. Ma in realtà l’imprudenza di questo ragazzino, rende legale la deposizione testamentaria di Cristo. La sua presenza fà sì che l’eredità più preziosa del Maestro non vada perduta, non diventi demaniale, ma venga passata con atto esplicito e consapevole a lui e di conseguenza a ciascuno di noi. Sotto quella croce, in quel primo pomeriggio oscuro della storia che noi chiamiamo Venerdì Santo, Gesù converte la propria madre da proprietà privata a possesso di tutta l’umanità. Sotto quella croce, la maternità di Maria si allarga fino ad abbracciare ogni uomo e ogni donna di tutti i tempi e luoghi. “E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa”. Non possiamo più vivere bene senza fare entrare veramente questa nuova Madre nelle nostre case. Senza sentire la responsabilità di spalancare le porte di ciò che siamo alla maternità di questa donna. Perchè essa rappresenta la modalità che Dio ha scelto per rendere più sopportabile l’ora sempre desta della croce. Senza di lei, che conficcata sotto le nostre croci ci ricorda di chi siamo figli, rischiamo di credere al buio delle temporanee eclissi che di tanto in tanto oscurano la nostra esistenza. E credere ad esse può essere troppo pericoloso, specie quando gettiamo la spugna, rischiando di farle diventare definitive più che momentanee. La sofferenza di questa madre trafitta dal dolore più grande che qualcuno possa provare, cioè la morte di un figlio, l’abilita a comprendere ogni singolo frammento dell’umana sofferenza. La rende credibile davanti a quei perchè senza risposta che gettano nella disperazione molti di noi. E’ Madre perchè ci ha partoriti con doglie dolorose sotto la croce del nostro Fratello maggiore. Ella soffre, ma da quella sofferenza nasce la Chiesa, nasciamo noi, nasce ogni tentativo di essere felici. E Giovanni è lì accanto a Lei, e aspetta assieme ad ella la fine di questo parto, i tre giorni più lunghi della storia.
Santa Maria, Madre sotto la croce, abbassa il tuo sguardo verso i nostri volti e riconosci nei nostri occhi la somiglianza con Cristo. Siamo noi quel sogno di Dio che molto spesso abbiamo rovinato o nascosto dietro scelte sbagliate e strade senza uscita. Siamo noi quelli fatti ad immagine e somiglianza di quel Dio che un giorno ti rese madre.
Santa Maria, Madre sotto la croce, occupati di ciascuno di noi, con la stessa cura e la stessa dedizione che hai avuto nei confronti di Gesù. Esponiti anche per noi alla sofferenza di amare un figlio, e se è vero che l’amore di una madre è più forte di ogni cosa, facci sperimentare questa forza che ci riscatta persino dalla morte.
Santa Maria, Madre sotto la croce, conficcati sui calvari di tanti nostri fratelli e sorelle che da anni soffrono in letti di ospedali o in giacigli diventati prigione. Fà che non maledicano mai la vita, e seppur nelle difficoltà e nel lungo patire trovino la forza di resistere alla tentazione di farla finita. Abilita ciascuno di noi ad accompagnarti in queste soste e spronaci a non disertare la compagnia a questi nostri fratelli crocifissi.
Santa Maria, Madre sotto la croce, affretta il passare della luna sulla traiettoria del sole, e ricordaci continuamente che il buio, come la croce, sono solo momenti passeggeri di un giorno senza tramonto. E se le eclissi di senso durano di più delle nostre forze, prendici fra le tue braccia e stringici al tuo petto così da sentire il battito accellerato del tuo cuore. Ci accorgeremo così che ogni singolo battito è uno slancio di amore per ciascuno di noi e per ciascun uomo di ogni tempo e di ogni dove. E troveremo la forza di rialzarci e ricominciare, certi che la tua maternità non ci lascerà mai soli. Forse era questo che intendevi quando confidasti che alla fine il Tuo Cuore Immacolato trionferà. E’ il trionfo della tua maternità. E’ il trionfo di Dio.
Santa Maria, Madre sotto la croce, noi che nell’Ave Maria ci raccomandiamo per l’ora della nostra morte, facci compagnia specialmente in quell’ultima ora, quando nessuno di chi ci ama potrà riempire quell’isolamento e la paura per l’ignoto oscurerà le nostre speranze. Tu che sei chiamata la “porta dei cieli”, spalanca le tue braccia anche per noi e conducici mano nella mano verso Tuo Figlio. Così che guardandolo finalmente faccia a faccia capiremo chi siamo e la nostra inquietudine troverà finalmente la pace.
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