Quando avevo 16 anni e giocavo a calcio discretamente in una società satellite del Padova Calcio avevo rinnegato Dio dalla mia vita e avevo puntato tutto sulla carriera calcistica. Tanto sacrificio: studio di notte, allenamenti tutti i giorni, ma poi mi ripagavano il vivere l’emozione della partita, dell’essere capitano, del segnare i gol importanti. All’improvviso mi sono infortunato e il mondo mi era crollato addosso. Ho evitato l’operazione al ginocchio, ma sono rimasto solo. Nessuno della società che mi avesse chiamato, se non una telefonata del mister per capire se sarei rientrato a breve. A detta dei medici ero spacciato. Così ho iniziato tre mesi tra lastre, fisioterapia, laser terapia e piscina per la riabilitazione. Ogni giorno facevo Padova-Monselice per le cure senza prospettive positive. Ero arrabbiatissimo con tutti. Soprattutto con Dio. Non parlavo e soffrivo. Solo i miei genitori mi erano vicini. Ricordo i viaggi nel silenzio totale e mia mamma che irrompeva mettendo le cassette di Bennato per farmi riprendere tra le note di “Non farti cadere le braccia”… Sono tornato dopo 6 mesi a giocare. Le prime partite sembrava non avessi mai giocato a calcio. Più volte pensavo di mollare. Poi a fatica sono tornato ai miei livelli riconquistando il posto da titolare e vincendo anche un torneo importante. Nel frattempo mi sono convertito tornando a Nuovi Orizzonti.
La lezione dell’infortunio però era stata fondamentale.
Senza l’orizzonte “eternità” tutto è effimero. L’eternità è scritta nel cuore dell’uomo: i giovani sui muri scrivono “ti amo… per sempre”! Ce l’hanno dentro il “forever”…
“Vivere senza Dio è un rompicapo e un tormento. L’uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa o qualcuno. Se l’uomo rifiuta Dio si inginocchia davanti ad un idolo. Siamo tutti idolatri, non atei!” Dostoevkij
Quell’imprevisto sul percorso che sembrava una pietra d’inciampo in realtà si è rivelata la roccia su cui ripartire a costruire la mia giovane esistenza di adolescente. Il silenzio, l’aver raggiunto un apice e improvvisamente perderlo, il riflettere sull’accaduto e tanto altro avevano smosso in me qualcosa. Incredibile: avevo capito come nella mia scala di valori avevo tolto Dio e messo al primo posto il calcio. Il calcio?! Qualsiasi cosa nella scala di valori della vita prima o poi potrà crollare e se così capitasse come mai potremmo reagire se non disperandoci e bestemmiando per la nostra stupidità!? Ero tornato a giocare da cristiano e vinta l’ultima partita ho lasciato il calcio per andare a “giocarmi la vita” su altri campi, anzi l’unico “campo” per cui si può – a ragione – vendere tutto per acquistarlo! Seguire Gesù a Roma a 18 anni è stata una scelta radicale, costosa in termini di affetto e di “salto nel vuoto”, ma guidata dalla spinta nel cuore e dalla nuova consapevolezza che nulla conta rispetto al realizzare il “Sogno di Dio” sulla nostra vita! Nonostante le persecuzioni, i pianti per la lontananza dalla famiglia e il nuovo taglio dopo quello già sperimentato in seminario minore, la durezza della vita comunitaria, ero pieno nel cuore di una gioia imparagonabile.
Dunque… Primo: il Vangelo! Prima Dio! Poi tutto il resto può starci…
La scala di valori deve avere al primo posto un punto che non può crollare mai per essere sicura, per questo può essere solo Dio. Altrimenti si è come un ragno che costruisce la propria ragnatela con il filo portante così fragile che prima o poi finirà per morire aggomitolato nella sua stessa creazione di fili intessuti.
Cos’è per me il successo? E’ la realizzazione della persona, la pienezza della gioia che solo in Dio si può trovare scoprendo quel progetto meraviglioso che fin dall’eternità ha pensato per ciascuno di noi! Si tratta di scoprirlo e realizzarlo nel quotidiano facendo bene il bene. Per alcuni sarà nel sacerdozio, per altri nel matrimonio, per alcuni essendo padri o madri, per altri lavorando onestamente là dove la vita ci ha posto… Non è importante il cosa, ma che sia la volontà di Dio e che la si faccia con Amore vero scoprendo in esso il Suo Progetto su di noi!
La vita è una e solo in Dio una persona si può realizzare pienamente. Fin da piccolo mi dicevo: quando sarò grande voglio voltarmi indietro e poter essere soddisfatto di come ho speso la mia vita. La mia ricerca di autenticità e successo mi ha portato a scoprire cosa Dio volesse da me e ogni giorno cerco solo di capire questo nel presente! Il successo, la pienezza della gioia, passano per l’amore anche nelle difficoltà e nella sofferenza, nell’amare come Gesù ha amato, così come ci ha lascito come comandamento in Gv 15,9-11. Se inseguiamo altri scopi, se viviamo senza Dio, se non siamo nell’amore… moriamo nell’anima. Ne fanno esperienza tutti: credenti e non. La coscienza prima o poi ci presenta il conto e anche se la possiamo mettere a tacere o se col tempo ci assuefacciamo al peccato, prima o poi la vita ci farà scontrare con la realtà. Meglio prima allora…
Senza l’orizzonte “eternità” tutto è effimero.
L’eternità è scritta nel cuore dell’uomo: i giovani sui muri scrivono “ti amo… per sempre”!
Ce l’hanno dentro il “forever”… anche se non sono aiutati a costruirlo davvero.
Solo Dio può rispondere al bisogno che Lui stesso ha impresso dentro di noi.
Dostoevkij diceva: “Vivere senza Dio è un rompicapo e un tormento. L’uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa o qualcuno. Se l’uomo rifiuta Dio si inginocchia davanti ad un idolo. Siamo tutti idolatri, non atei!”
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