L’incantesimo sembrò rompersi vent’anni fa. Era il 7 novembre del 1991. In una scioccante conferenza stampa, Earvin «Magic» Johnson, il mago dei parquet, rivelò di essere malato di Aids e dichiarò di voler ritirarsi dal basket. Fu un colpo durissimo per lo sport mondiale.
Magic Johnson è stato uno dei più grandi della storia della pallacanestro. I numeri parlano da soli. Cinque titoli NBA con i leggendari Los Angeles Lakers degli anni Ottanta, 17707 punti (media di 19.5 punti per partita) e 10141 assist, molti dei quali funambolici passaggi “no-look” (senza guardare il giocatore cui si passa la palla). Il cestista statunitense in campo vestiva i panni di un vero prestigiatore, capace di nascondere il pallone agli avversari e regalare un gioco spettacolare e altruista in linea con la sua personalità.
Ma la partita da vincere con quella malattia sembrava persa in partenza.
Anni dopo lui stesso ammetterà: «Ho giocato contro i migliori giocatori del mondo, come Michael Jordan e Larry Bird e ho sempre pensato che fosse qualcosa di difficilissimo, la sfida più complicata della mia vita – ammetterà anni dopo Johnson – Poi mi sono ritrovato in viaggio verso casa, pronto a dire a mia moglie di aver contratto l’Hiv e mi sono reso conto di cosa fosse davvero duro».
I primi giorni dopo aver appreso la malattia furono da incubo. Eppure non si perse d’animo e riuscì addirittura a tornare in campo e vincere un grandioso oro olimpico a Barcellona ‘92 con il Dream Team Usa. Giocò ancora un All Star NBA e altre 32 partite coi Lakers nel 1996.
A vent’anni da quel drammatico annuncio, Magic Johnson ha affermato: «È vero che sto bene, ma non sono guarito. Sono ancora una persona infetta e per sopravvivere devo condurre un’esistenza molto dura. Lo dico affinché la gente non si faccia illusioni, non abbassi la guardia, e non ripeta i miei errori». Generoso in campo e non da meno fuori. Dal 1991 la sua «Magic Johnson Foundation» si batte non solo contro l’Aids, ma anche a favore di migliaia di ragazzi svantaggiati, poveri o senza genitori.
Una straripante voglia di vivere che Johnson deve soprattutto alla moglie Cookie. Animata da una profonda fede cristiana, la donna gli ha perdonato una vita familiare del tutto irresponsabile, che gli è costata anche l’infezione dell’Hiv.
Il fuoriclasse ha rivelato il suo segreto in un libro recente Il basket eravamo noi (Dalai) firmato con Larry Bird: «Non so perché o come mi sia capitata Cookie –scrive Magic - ma ringrazio Dio ogni giorno perché lei è ancora qui, al mio fianco. L’unica ragione per cui sono ancora vivo è che lei è rimasta con me. Se mi avesse lasciato, adesso non sarei qui».
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